(Autoproduzione) Dopo sette anni di silenzio la band francese Art 238 si ripresenta sulla scena con alcuni avvicendamenti all’interno della formazione e con un nuovo EP intitolato “Atavism”. La band propone tre brani, per la durata complessiva di venti minuti circa, che incanalano l’ascoltatore in un ambiente dark e postmoderno, come un fiume in piena tra pezzi death-grind in stile Cryptopsy, con correnti lente e oscure, black, alcuni stacchi crossover e una inesorabile drum machine, aggressiva e primitiva. Il primo brano, “Regressive Evolution”, ha un inizio accattivante (ricorda molto i Fear Factory di Cazares & co.), ritmi sincopati, sonorità interessanti che si aprono poi in un break di black introspettivo anch’esso piacevole. Dopo la metà, a parere di chi scrive, il tutto sfocia però in qualcosa di confuso, che fa perdere un po’ dell’attenzione conquistata precedentemente. Il secondo pezzo, “Mephetic Manifesto”, è a tutti gli effetti un brano black molto moderno, vario e completo. Verso la fine si sentono alcune varianti ritmiche ed espressive che aggiungono un pizzico di pepe al tutto. Il terzo e ultimo pezzo, “Sons of the Atom”, è quello che ho fatto più fatica a capire e che ha richiesto più ascolti, nonostante i quali risulta piuttosto confuso. Troppi cambi ritmici, troppi crossover tra stili esecutivi fanno perdere il senso della metrica e il “filo” dell’ascolto. Senza dubbio questi ragazzi hanno, come si suol dire, esperienza sul campo, credono molto nel loro progetto e il risultato è apprezzabile. Forse in alcuni tratti riservato ad orecchie raffinate, a tratti ho notato poca attinenza tra gli effetti vocali molto riverberati e brani grind molto veloci: si tratta tuttavia di dettagli che non hanno un’influenza troppo negativa nell’analisi globale. C’è da aggiungere, inoltre, che l’evoluzione compiuta in questi sette anni di silenzio è stata notevole, quindi non resta che attendere le future release e apprezzare altri miglioramenti.
(Devis Cortese) Voto: 6,5/10