(Spinefarm / Universal) I Venom si sono sempre caratterizzati per essere un trio scarno. Il loro sound, celebre e fondamentale per la musica metal, non ha mai brillato per architetture sonore particolari. Non un demerito questo e comunque la band resta un’icona. Senza dubbio. Il nuovo “From the Very Depths” era atteso e si presenta al popolo metallico con un sound possente, corposo, una produzione non levigata eppure non eccessivamente sporca. E’ qualcosa che rispetta pienamente il carattere della band, restituendole quell’aura old style che sarebbe giusto attendersi da una formazione di lungo corso. Più di tutto però arriva la conferma che quel comporre scarno, all’osso, di Cronos, Rage e Danté si rivede, scaraventato con quella puntuale attitudine da tempesta di fulmini di metallo che rimbombano nell’orizzonte di ascolto e danno quella sensazione di minaccia all’ascoltatore. Persino le fasi in mid tempo, sempre solenni e quasi NWOBHM non si discostano da ciò. Le chitarre ruggiscono, il basso pure, la batteria è una linea descrittiva di ogni momento del songwriting. Linee melodiche decise, marcate, prolungate per l’intera durata delle canzoni, stabiliscono e puntellano il tipico modo di fare dei Venom. Con “From the Very Depths” non siamo di fronte a qualcosa di nuovo, neppure di moderno, ma si è al cospetto dello spirito dei Venom. Puri e semplici, come tutti li abbiamo sempre conosciuti, visti e amati. “Crucified” è perfetta. Heavy al punto giusto e conturbante. “The Death of Rock’n’Roll” è diretta e spiazzante, mentre “Evil Law” prende a prestito un modo di suonare vicino ai primi Slayer per via di una solennità infernale. “Wings Of Valkyrie” è mastodontica, lacerante nel suo riffing sporco e dannatamente heavy, fatto di pausa e scatto. Non siamo di fronte al successore di icone ispirate come “Welcome to Hell”, “Black Metal” and “In League with Satan”, ma non sembra che “From the Very Depths” soffra di pecche sostanziali. L’heavy metal presentato in questa nuova sortita in studio di Cronos e gli altri è accattivante, sano e non suona come un lavoro eseguito con mestiere, ma semmai come un sincero atto sonoro ruvido e concreto.
(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10