(Memorial Records) La cinica precisione del thrash metal e la poderosa forza del death metal, sono riunite (il secondo in misura minore) nel secondo album dei modenesi Krysantemia. “Finis Dierum” racchiude in se un riassunto di stile (quello metal) di periodo che va dagli inizi degli anni ’90 e prosegue fino a questi, esercitando così la memoria dell’ascoltatore a ricordare quali riff, atmosfere, accoppiate ritmiche di chitarre e batteria l’album riesce rievocare. Nonostante ciò va riconosciuta la bravura della band nel suonare in modo omogeneo, risultando per buona parte delle canzoni se stessa e non una spocchiosa formazione che cita e fa finta di non farlo. Il passato, quello lontano e quello vicino nello stile dei Krysantemia è un fenomeno dinamico. “Incarnation” poggia su sonorità quasi Disturbed, mentre l’assolo finale di “Not Alone” cavalca la stessa emotività di quello finale in “Fade to Black” dei Metallica. Due esempi, due echi, pallide assonanze che permettono ai brani di essere immediatamente assimilabili. Lo sono per le linee melodiche, ma non da meno per le strutture, per cadenze del riffing, per come la batteria colpisce. Rendono le cose semplici i Krysantemia, giocando in modo efficace sugli arrangiamenti; che siano sulle coordinate del thrash americano o di quello teutone, oppure su quelle del death metal mai troppo spinto e sempre indebitato con il thrash, alla fine la band dà l’impressione di essere un qualcosa di adatto per tutti i metalheads.
(Alberto Vitale) Voto: 7/10