(Svarga Music) Fieri difensori delle tradizioni e dell’orgoglio della propria terra, gli ucraini Paganland dedicano il proprio secondo album al coraggio dei connazionali in guerra con la Russia. Al di là della vostra fazione (sempre che ne abbiate una al riguardo), si tratta di un intento ammirevole e ricco di significato… a cui però non segue una corrispettiva riuscita sul piano musicale. I tastieroni di “The Dawn of a new Era” ci riportano agli inizi del pagan metal, ai Menhir, ai Manegarm… ma la linea vocale è un po’ sgraziata, eccessivamente declamatoria nelle parti clean. In questo senso è terribile “Stellar Path”, in cui tutti i cori sembrano stonare, e anche “Native Word! Shackled Eagle!” è una sequela di vocalizzi quasi insopportabili. Va meglio, infatti, solo nella tiratissima “The Voice of the Carpathians”, quasi tutta in growling, o nella conclusiva titletrack, che lascia più spazio alla parte strumentale e al cantato estremo. Anche la produzione sarebbe da rivedere, i suoni sono abbastanza impastati e non perfettamente livellati. “Fatherland” finisce quindi per avere molti difetti.
(René Urkus) Voto: 5/10