(Basement Apes/Brain Ache/altre) Ci sono degli album che sembrano un’esperienza concettuale, un discorso articolato. Ci sono degli album i quali pur non essendo dei concept, si rivelano delle trame incredibili. Quando “Black Mouths” sorge con l’iniziale “The Truth”, si ha immediatamente la certezza che i francesi The Prestige siano un quartetto che fonde il post hardcore con il metal. Ai limiti del mathcore, ai limiti di quella ferocia che, se solo suonassero più velocemente sarebbero dei proto-grinders. Vanno avanti così per quattro canzoni, poi in “Crane Flies” c’è una caduta emotiva. I ritmi rallentano, tutto sparisce in un sussurro e la successiva “Pluie” è un esempio di rock ombroso, psichedelico, desertico. Questo clima sconfina anche in “The Never Ending End”, dove la ferocia si mostra di nuovo, ma incastonata tra due attimi decadenti e crepuscolari, avant-garde. “Backward” altro capolavoro frenetico, che chiude in un crescendo epicamente distruttivo. Chiudono la breve e sommessa “A Thousand Trees in My Closet” e “Hooks & Lips”, brano in stile Godspeed You Black Enperor. “Black Mouths” è un turbine, lo dimostra dall’inizio, poi decellera, muore e risorge, esprime momenti schizzoidi e fasi convulse e declama sussurri sfiancati e in dissolvenza. “Black Mouths” è un fiume che attraversa cascate, meandri, che ritorna indietro e che traccia un percorso imprevedibile. I The Prestige potrebbero dare più spazio a quelle idee neo-psichedeliche o post-rock che siano, donarsi di più alla sperimentazione, ma il fatto di dare unità alle furiose idee e chiassose creatività è già un ottimo traguardo. E pensare che prima di “Black Mouths” c’era solo un EP. Dunque cresceranno ancora.
(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10