(Dark Essence Records) Il “terzo tentativo” di Tchort e Bloodpervertor, gli ex chitarristi dei Carpathian Forest, si chiama “Born In Thorns”, nato nelle spine… e non dimentica la tradizione presentandosi con quel 666 ben visibile in copertina, la dichiarazione di intenti, quindi, c’è tutta ed è molto chiara. La band è fresca, è nata l’anno scorso dopo la dipartita dai Carpathian Forest ed ha una sola ragione di esistere: dare libero sfogo alla creatività e far ritrovare ai due blacksters uno stimolo, una voglia di suonare, di comporre. Di andare in tour. Dopo aver reclutato Ødemark (ex-Midnattsvrede) e Tybalt (Fortid, Den Saakaldte) e avendo il benestare di un contratto con la mitica Dark Essence Records, ecco finalmente l’atteso debutto. Sembra quasi strano parlare di debutto considerati i personaggi coinvolti, ma la freschezza e l’originale furia contenuta in questa release sono senza limiti ed offrono quasi cinquanta minuti di mazzate con una ispirazione black metal, ma cosparse da un meraviglioso feeling thrash metal: un mix letale, che offre l’oscurità e l’atmosfera del black, ma con un concetto sonoro pensato per radere al suolo intere città. “Torment Nation” apre senza ritegno. Questo non è black. Non è nemmeno black ‘n’ roll. Questo è Black ‘n’ Thrash, ed è un qualcosa privo di qualsiasi traccia di pietà! Si nota immediatamente una cura dei suoni, dei dettagli ed una registrazione impeccabile, fattori che accompagnano lungo tutto l’album. La traccia evolve dal thrash al black, inserisce una quasi impercettibile tastiera (componente che compare ancora durante l’album), dando vita quasi ad un qualcosa di nuovo, ad un suono inedito, decisamente fresco! “Dark Vision” guarda più ad un black furioso a base di blast beat crudeli, senza però dimenticare riff pulsanti che materializzano un groove che conduce verso il tremolo della parte finale, aprendo le porte verso un puro concetto sonoro Norvegese. Irresistibile “Art of Domination”, specialmente nella parte finale dove la malvagità assume livelli infiniti. La title track apre una parentesi inquietante, che rivela un black quasi doom, assurdamente pesante, lento, distruttivo, mentre “Beast Within” dimostra la capacità compositiva dei due chitarristi quando sono liberi da vincoli e possono attingere dalle loro vaste esperienze nell’ambito della musica estrema. Immensa “Sons Of The Winter”, la quale come la title track, rallenta parzialmente i tempi aumentando l’incisività. Una canzone travolgente, che non lascia il tempo di respirare, e che regala un basso semplicemente fenomenale. Un thrash pensato solo per l’headbanging emerge da “Nekrogrammaton”, mentre un black riflessivo ed estremamente nordico (ci sono spunti che ricordano sia i Carpathian Forest che gli Immortal) emerge su “Firestorm”. La chiusura di questo ottimo lavoro è lasciata a “Anti-Self”, la quale offre black contornato da un’atmosfera soffocante, aprendo la porta verso un ulteriore stile compositivo del quale Tchort e Bloodpervertor evidentemente hanno il pieno controllo. Un disco diretto, impattante ma ricco di materiale, intelligenza e gusto creativo. Se per qualche ragione i Carpathian Forest non producono nulla da ormai 10 anni… e se questo vi creava un senso di vuoto attorno, allora il problema è risolto. Qui di vuoto non c’è traccia. Nemmeno l’ombra. Sarete circondati da violenza, brutalità e tecnica. E tante spine. Prima di quel baratro oscuro e senza fine.
(Luca Zakk) Voto: 8,5/10