(Indie Recordings) Black puro, black feroce. Black che esprime lo schifo della vita, la totale mancanza di speranza, la nullità dell’essere umano. Con una carriera impostata su una costante evoluzione, i norvegesi Kampfar arrivano al settimo sigillo, il terzo della trilogia del marcio spirituale iniziata con “Mare” del 2011. Ma rispetto al precedente “Djevelmakt”, si percepisce una intensità maggiore, una perversione più acuta, una sensazione di mancanza di speranze e pietà senza limite. Feroce “Gloria Ablaze”, con stupende melodie affogate nella brutalità, un pezzo superbo, trionfale con un testo fantastico. Crudele e piena di stupende evoluzioni “Profanum”, estrema e tirata “Icons”. Altra perla oscura è rappresentata da “Skavank”, con un altro testo superbo, ma il vero capolavoro è “Daimon”: lenta, sanguinosa, assassina… e quelle due note di keys, ripetute con cadenza ossessiva, sono una condanna a morte violenta. Black pregiato e glorioso con “Pole In The Ground”, mentre la conclusiva “Tornekratt” è meravigliosamente epica, profonda, incisiva e trasudante ostilità. Un black spietato, ma mostruosamente curato. Veloce e devastante ma sempre intenso e magnetico: la formula perfetta di diffusione del male, un male confezionato con arte e assurdamente appetibile, attraente. Irresistibile.
(Luca Zakk) Voto: 8,5/10