(Cruz del Sur) Scrivo questa recensione la notte del 30 Dicembre, e il mio 2015 musicale difficilmente potrebbe chiudersi meglio: i portoghesi Ravensire mi deliziano con il loro epic ruvido e sofferente, per un secondo album che li pone alla pari con gli Ironsword e in lotta equa con le icone anni ’80. La opener “Cromlech Revelations” è forse il brano più debole della scaletta: ma siamo comunque di fronte a un mirabile esempio di epic metal, che guarda soprattutto alla scuola americana (Manilla Road su tutti) e non si vergogna di cori alla primi Manowar. “Crosshaven” ha la forza barbarica degli Ironsword, mentre i toni horrorifici e ultracarichi dei Cirith Ungol (soprattutto nel break recitato in latino) rivivono nella superba “Procession of the Dead”. Epic e NWOBHM (evidente nel taglio degli assoli) si incontrano in “Trapped in Dreams”; il disco si conclude con la suite in tre parti “White Pillars”. Spicca in particolare il secondo movimento, “Blood and Gold”, che incorpora anche qualche elemento doom (tutta la prima parte ricorda i primissimi Doomsword, fatto salvo ovviamente il differente approccio vocale); ma il miglior complimento che possa fare alla conclusiva “Temple at the End of the World” è che sembra di sentire gli Atlantean Kodex. L’epic metal è ancora vivo: tutti i fan delle band citate faranno follie per “The Cycle never ends”.
(René Urkus) Voto: 8/10