(Shaytan Productions) Prima di addentrarmi nella musica dei sauditi Al-Namrood, vorrei precisare che certe affermazioni su di loro, come il rischio di un’esecuzione con l’accusa di apostasia a causa dell’attività black metal nel loro paese e tenuta abilmente nascosta, mi lascia alquanto perplesso e dubbioso. Non è la prima volta che mi capita di ascoltare lavori di formazioni originarie di paesi mediorientali, dove appunto operano (o dicono di risiedere) e corrono il rischio di un arresto e conseguente messa a morte per tematiche contrarie ai principi islamici, o di chi certi principi vuole imporli e magari distorcendoli o prendendoli a seconda della convenienza del caso. Band con sito internet e profilo facebook, costantemente aggiornato e ben aperto al di fuori dei propri confini nazionali, sarebbe di per sé di già un grosso rischio, eppure gli Al-Namrood continuano senza sosta a sfidare le autorità. È possibile che questo possa accadere, in quelle società irregimentate e sorvegliate dai rispettivi regimi? Anche se io possa essere fuori strada con questo dubbio, nel caso di “Diaji Al Joor” la musica viene comunque prima di ogni perplessità. Infatti il black metal dei tre blacksters è alquanto fantasioso, intriso di motivi e scenari di quei luoghi, melodie dominanti, contrastate dal cantato, il quale mischia l’harsh con impeti semi-growl, in nenie aggressive o quantomeno figlie di quella cultura esotica e millenaria. Non eccessivo il minutaggio che in media va poco oltre i quattro minuti, mentre almeno due pezzi si assestano sui sei. Il tutto è lo sviluppo di un black metal appunto ‘esotico’, con concessioni al blackened e sporadici atteggiamenti di tipo symphonic. Si, le melodie desertiche sono il massimo momento espressivo e il particolare che caratterizza queste maglie sonore dure ma accattivanti e provenienti da ere sconosciute.
(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10