A due mesi dall’uscita di “Lights from Oblivion”, Vittorio Ballerio ci racconta come è nato il nuovo album degli Adramelch e ci presenta molti aspetti interessanti della sua cult band, con una bella digressione sulle sorti della musica in Italia. Buona lettura!
Ciao Vittorio… e lasciami subito dire: finalmente un nuovo disco degli Adramelch! Come mai sono passati quasi sette anni fra “Broken History” e il nuovissimo “Lights from Oblivion”?
Ti assicuro che lo abbiamo detto anche noi: FINALMENTE! e non sto scherzando. Siamo d’accordo, è stato un parto lungo e travagliato… i motivi sono molti ma si possono riassumere più o meno così: tempo “libero” da dedicare alla musica sempre pochissimo, lavoro di pre-produzione ed arrangiamento immenso, lunga ricerca dell’etichetta giusta! A questo aggiungi il lavoro ciclopico che è stato necessario per la re-issue in cd di Irae Melanox (contatti con il possessore dei diritti – la tedesca ZYX Records, grafica, preparazione del demo 1987, ri-arrangiamento e registrazione degli inediti…)
So che è noioso ma è indispensabile una presentazione del vostro nuovo album… Quello che mi colpisce è come, nonostante il sound si sia evoluto nel corso di questi anni, il marchio di fabbrica degli Adramelch sia sempre chiaro e individuabile!
Non è affatto noioso, anzi! è stato un lavorone ma ne siamo particolarmente orgogliosi! Non sei il primo che evidenzia la riconoscibilità del sound Adramelch, nonostante l’evidente evoluzione! Il genere in effetti è cambiato parecchio, e consentimi questo picco di immodestia: a fronte dei grandi cambiamenti, mantenere questa forte identità è per noi il più importante risultato! E’ meno strano di quanto sembri il fatto che il salto tra “Irae Melanox” e “Broken History” (17 anni e line up diversa per 3/5) sia di gran lunga inferiore a quello tra quest’ultimo e “Lights from Oblivion” (7 anni e formazione identica a quella di “Broken”)! Il fatto è che “Broken” contiene materiale composto tra la fine degli anni ’80 e i primi ’90, mentre “Lights from Oblivion” è in qualche modo il nostro disco di debutto! I 25 anni passati dalla nostra fondazione non sono passati invano: 25 anni di vita, di musica ascoltata e suonata o cantata non devono passare invano, portano a una maturazione, che nel nostro caso ha preso le forme di una virata verso certo progressive rock… Quello che è rimasto invariato è lo spirito che ci porta a fare musica, oggi come allora: la libertà da qualsivoglia vincolo commerciale che ci consente di fare sempre e solo quello che ci piace fare. Poi certamente il risultato di questa maturazione non è detto che sia gradito a tutti, lo capiamo e lo mettiamo in conto… anzi ti dirò che siamo rimasti molto piacevolmente stupiti nel constatare che molti fans (e molta critica!) legati a “Irae Melanox” stanno molto apprezzando “Lights from Oblivion”! Evidentemente i 25 anni non sono passati in vano neanche per loro :)
“Islands of Madness” e “Wonderful Magician” sono i miei brani preferiti: mi piacerebbe conoscere qualcosa di più sui testi, il songwriting e il significato di queste due canzoni.
Sono brani che piacciono molto anche a me. “Islands” in particolare è un brano di quelli che tra pre-produzione e realizzazione finale è cambiato ancora… tra l’altro ci sarà presto l’opportunità di ascoltare la versione “originale” di questo brano in quanto comparirà sulla side D della versione in doppio vinile di “Lights from Oblivion” che la Pure Prog Records sta per pubblicare. “Wonderful Magician” è un brano molto particolare, una ballata acustica molto malinconica ma anche molto potente con un solo di slide guitar finale bellissimo.
Confesso che la limited edition di “Lights” mi sembra un po’ ‘povera’… non avete pensato a una versione su vinile?
Tu dici? A me piace, anche se devo dirti che il mio sogno sarebbe stato una versione digibook. Avrebbe tra l’altro reso giustizia al libretto che è già in sé un oggetto bellissimo, corredato come è dalle opere evocative ed oniriche di Alberto Andreis, che meriterebbero senza dubbio ben maggiore rilievo, ma per problemi tecnici al momento non è stato possibile realizzarlo. Il vinile, come detto, è in produzione.
Recentemente sono state pubblicate due nuove edizioni di “Irae Melanox”: su vinile dalla Jolly Roger e su doppio cd con bonustracks dalla Underground Symphony. Cosa vi sembra dell’una e dell’altra?
Ho visto in giro la ristampa del vinile, sembra ben fatta. La ristampa in CD di “Irae Melanox” in edizione de-luxe ad opera di Underground Symphony è stata un’operazione assai complessa, soprattutto se consideriamo che non si trattava di un disco nuovo ma “solo” di una ristampa… In realtà, purtroppo è stato tutto molto difficile per una questione di diritti (acquisiti da ZYX moltissimi anni fa, se non sbaglio insieme a buona parte del catalogo Metal Master) ma non solo… Alla fine però il prodotto credo sia davvero notevole, in quanto, oltre all’originale “Irae Melanox” rimasterizzato, è stato messo su cd per la prima volta il demo del 1987 per il quale si è reso necessario un vero e proprio restauro… e per l’occasione abbiamo ripreso in mano 2 inediti dell’epoca (tra l’altro due “prime volte”: la prima ballad e il primo strumentale) e li abbiamo riarrangiati e registrati. Insomma credo che gli estimatori di quell’epoca abbiano delle buone ragioni per procurarselo…
Ancora su “Irae Melanox”: i più giovani dei nostri lettori sanno ben poco di questo album storico. C’è qualche aneddoto che vuoi raccontarci in particolare?
Si tratta di un argomento che inevitabilmente viene toccato in tutte le interviste ed è assolutamente naturale che sia così! Se potessi giudicarlo da esterno ti direi che secondo me si tratta di un bel disco, non privo di qualche ingenuità, ma che sicuramente presenta caratteri di originalità, rispetto al tempo in cui uscì, notevolissimi. A conferma di questo, le migliori recensioni le ricevette molto dopo la sua uscita che fu salutata da recensioni mediamente freddine… Fece eccezione, quella che comparve su quella che all’epoca era considerata la bibbia del metal a livello internazionale: Kerrang!, che attribuì a “Irae Melanox” 4 su 5 e commentò entusiasticamente, sorprendendo tutti (noi per primi) quelli che conoscevamo questa rivista, e la critica inglese in generale, come molto prevenuta nei confronti del metal made in Italy. L’aspetto più incredibile di quel mitico vinile comunque per me resta come, nonostante la nostra assenza (ci sciogliemmo poco dopo l’uscita) si sia fatto strada da solo, nel tempo e nello spazio assurgendo al titolo di cult album! Non male per un disco d’esordio di una band di diciottenni, mal registrato… no?
Avrei qualche osservazione anche su “Broken History”, spero me la concederai dato che è la nostra prima intervista insieme! Come è sorta l’idea di un concept sulle crociate? E cosa potete dirmi riguardo al mio brano preferito del disco, “Heap of Bones”?
Il concept sulle crociate è stata una mia idea quindi ne parliamo molto volentieri, Renato. L’idea è nata così: Gianluca [Corona, chitarrista della band, ndr] mi chiamò per ricordarmi che i brani nati nel 1989/1990 erano lì ad attendere che noi li degnassimo dell’attenzione che senza dubbio meritavano…A lui dispiaceva moltissimo che dei brani con un grande potenziale dovessero morire nel cassetto… ma non aveva la più pallida idea circa i testi che avrebbero potuto accompagnare tanto vigore epico. Naturalmente che questa musica restasse nell’oblio era qualcosa che addolorava altrettanto me e quindi, su incoraggiamento di Gianluca, mi misi al lavoro.
L’idea di fondo, per affrontare un impresa che consideravo molto importante, era confermare con i testi la forte coesione anche nei contenuti… e il soggetto che identificai furono le crociate che nella nostra cultura sono un’impresa epica e gloriosa ma che nella realtà furono un massacro di innocenti, (apparentemente) nel nome di una fede, in realtà per questioni di potere economico e politico. Ora, non ti voglio annoiare con la questione ma il tutto gira proprio intorno alla figura cruciale dei cavalieri (mitizzati) e in sé soggetto epico per eccellenza e le guerre scatenate contro “gli infedeli” che nei fatti, all’epoca, si dimostrarono infinitamente più maturi e corretti dei rozzissimi, violenti prevaricatori venuti da quella che oggi chiamiamo la vecchia Europa…
E’ la storia delle crociate vista con gli occhi delle vittime, che furono moltissime…“Heap of Bones” racconta del raccapricciante scenario che si presenta a chi entra a Gerusalemme dopo il massacro, riprendendo infatti i resoconti di un testimone oculare, racconta di cumuli di ossa più alti di qualsiasi costruzione… ossa che verranno poi utilizzate quali fondamenta per le mura del nuovo signore. In chiusura poi accenna brevemente alla deriva di questa impresa: l’inquisizione, i massacri degli eretici (come i Catari) e poi il XX secolo… e in chiusura un monito…
Da poco tempo nella band è entrato un nuovo bassita, Sarmax. Puoi presentarcelo e spiegare come mai si sia reso necessario un cambiamento di organico?
Il cambio di guardia si è reso necessario a causa dell’abbandono di Mau [Maurizio Lietti, storico bassista della band, ndr], che per lavoro si trova da molti mesi a questa parte dall’altra parte del globo. Sarmax è stato un colpo di fortuna incredibile… come chiunque suoni in un gruppo sa, trovare un bassista è una delle imprese più difficili in cui una band si possa cimentare… nel nostro caso invece, Gianluca ha chiamato Sarmax che aveva visto qualche mese prima in una suonata con amici comuni, Sarmax si è detto interessato, è venuto in sala a provare un paio di brani… piaciuto e arruolato! Uno di quegli allineamenti dei pianeti che capitano una volta ogni millennio…Sarmax è un ottimo bassista. Molto diverso da Mau e ciò nonostante assolutamente perfetto per noi! Ha uno stile molto particolare e gusti molto originali (l’ho sentito recentemente parlare molto bene di Baroness… ma è un fan della prima ora di Primus e soprattutto dei RUSH!). Stiamo funzionando alla grande.
Da pochissimo, invece, avete avuto l’onore (e sicuramente il piacere) di suonare all’ultimo Keep it true festival… ci racconti qualcosa dell’esperienza tedesca?
Suonare in Germania per noi è un piacere enorme. mi duole dover essere così spudorato essendo noi italiani e rispondendo ad un’intervista per un sito italiano ma tant’è. Ci è purtroppo capitato spesso, suonando qui in Italia di trovarci davanti 20/30 persone e, a parte l’immensa gratitudine per loro, i presenti… beh, non credo di doverti spiegare altro.
Quando abbiamo suonato in Germania è sempre stato molto diverso: ed è anche ma non solo una questione di numeri… parlo naturalmente anche di coinvolgimento! Ci siamo trovati davanti anche persone che non ci conoscevano ma che sono rimaste impressionate dalla nostra musica e che hanno cominciato a seguirci… Andare a vedere un concerto in un locale è una cosa assolutamente normale in Germania… mentre qui è diventato normale solo se vai a vedere una band che fa le cover… meglio ancora se è un tributo.
Mi sono fatto un’idea anche del perché e consentimi di tediarti per qualche riga sull’argomento: è una questione culturale. In Italia un adulto può essere appassionato di musica se questa è una cosa ‘seria’ (che in Italia si traduce con ‘seriosa’…) cioè se si tratta di lirica, classica o, ma proprio al limite… di jazz, purché il tutto sia molto “composto”.
Se invece ascolti rock sei inevitabilmente “infantile”… a meno che… a meno che il rock che tu ascolti non sia quello della tua giovinezza che, in quanto mascherato da “nostalgia”, è tollerato. Guarda che la cosa è perversa e malsana ma è drammaticamente comune… ed è resa possibile dalla ignoranza musicale (che comincia a scuola, quando ti fanno suonare il piffero…) in cui siamo cresciuti e stanno crescendo i nostri figli…
Sono previste altre date a supporto di “Lights from Oblivion”? Girerete un po’ almeno l’Italia per promuovere la vostra ultima fatica?
Al momento abbiamo due date (entrambe fuori dai confini nazionali, l’avresti detto?!) saremo co-headliner allo SwordBrothers, ad Andernach in Germania, l’8 Settembre e poi parteciperemo all’Up The Hammers di Atene nel Marzo 2013. Ma senz’altro suoneremo in giro (“auspicabilmente” anche in Italia)!
Cosa pensi dell’attuale scena metal italiana? Ci sono formazioni che apprezzi in modo particolare?
Ci sono diverse band interessanti in giro e grazie al web, si può ascoltare davvero di tutto. Grazie a mio figlio per esempio ho appena scoperto un gruppo di death metal iper tecnico che mi ha davvero impressionato per tecnica, gusto e intelligenza musicale: i Destrage! Gente che apparentemente non si prende troppo sul serio ma suona maledettamente bene. Sul fronte progressive poi la scena è sempre molto viva: i redivivi Maxophone per esempio che ho avuto occasione di vedere dal vivo di recente mi hanno molto piacevolmente stupito. Così come i Gran Turismo Veloce, autori di un disco progressive bellissimo.
La conclusione dell’intervista spetta naturalmente a te. Grazie per il tuo tempo e a presto!
Renato, ti ringraziamo molto per l’interesse dimostrato nei nostri confronti e per lo spazio che ci dedicate. Speriamo di poterci vedere presto, magari ad un nostro concerto sul suolo italico? Anche perché poi (presto) torneremo a dedicarci alle nuove composizioni che sono già 10: questa volta non lasceremo passare altri 7 anni!
(Renato de Filippis)