(Nordvis Produktion) One man svedese ben piantata tra il black ed il folk, con una resa emozionale decisamente valida e ben costruita. Dopo una fila di demo, split e roba simile, arriva il secondo lavoro il quale mantiene stabilmente quell’equilibrio tra il violento infernale ed il magico derivante tradizioni misteriose e da scenari nordici freddi, desolati ma anche deliziosamente naturali. A contorno degli interessanti disegni musicali c’è il concept pensato attorno alla saga di Grettir Ásmundarson, un bellicoso personaggio islandese descritto in saghe risalenti al tredicesimo o quattordicesimo secolo: ed è proprio questa visione antica, folkloristica, estremamente nordica che stabilisce molto bene le regole del sound, della musica, sempre un po’ grezza ma con una abbondanza di melodia e di parentesi evocative e coinvolgenti. Dopotutto, l’unica componente costantemente estrema è la linea vocale, in quanto musicalmente il lato folk, e meno estremo, è molto presente e piacevolmente molto frequente. Contorta “Grettir Àsmundarsonar”, brano nel quale si nota un ottimo risalto a tutti gli strumenti, fattore comune in tutto il disco. Epica “Landrensningen”, ricca di sorprese la grezza “Glam rider husen”. Emozioni con la suggestiva “Glamsyn”, praticamente un brano ambient con derivazioni folk interessanti. Trionfale “Utlagr”, geniale “Drangey”, canzone ricca di cose destabilizzanti, strane e molto originali, prima della conclusiva “Blodshämnd”, canzone immensa ma con dei fantastici dettagli, spesso popolata da alcuni intelligenti lick micidiali. Un altro album black, un altro album di una one man band: ma il signor Fjällbrandt, la mente dietro a Panphage, ci sa fare, ha fantasia e riesce a regalare un qualcosa in più alla sua musica la quale esce dal mucchio, si distingue e alimenta un album convincente e molto, molto godibile!
(Luca Zakk) Voto: 7,5/10