(Season of Mist) Black metal puro. Un po’ corrotto da venature death & thrash, ma all’epoca, agli albori, era così. È dopotutto questa la visione del frontman Ravn, il quale fondò al band proprio per ovviare alla modernità e alla leggerezza che il black stava assumendo progressivamente a metà ani ’90. Il nuovo disco, l’ottavo, punta ad una ad una classica allegoria alchemica: un lupo divora un re, poi il lupo viene a sua volta divorato dalle fiamme e un nuovo re risorge dalle sue ceneri… quasi il ciclo infinito della vita, anche se qui esposto in maniera infernale. Ma non sono forse gli inferi parte essenziale di ciascuno di noi, della nostra stessa decadente vita? Non è forse tutto incentrato sullo sviluppo personale dell’individuo? Tutto si riduce al miglioramento individuale, al cercare la versione migliore del nostro io, uccidendo il nostro ego per crescere come persone. L’alternativa? La morte, la vera morte… senza alcuna resurrezione dalle proprie ceneri. Ed ecco che i 40 minuti scarsi di “The Wolf and The King” diventano emblematici, diventano una valvola di sfogo, diventano un assalto frontale tanto violento quanto necessario, anche se in questo nuovo capitolo la band norvegese ci aggiunge ulteriore energia, una ondata di melodia, spesso improvvisa ed inaspettata. Otto brani. Forse i meno estremi della discografia della band e, contemporaneamente, i più efferati e devastanti. Volete del black metal puro, essenziale ma super tecnico? Non vi interessano orchestrazioni e sintetizzatori? Volete vivere un viaggio verso i momenti più ancestrali dell’evoluzione… o forse dell’involuzione umana? La risposta è contenuta in “The Wolf and The King”!

(Luca Zakk) Voto: 8,5/10