(Solitude Prod.) Quando una band è portoghese, nella sua musica c’è sempre un senso di nostalgia e decadenza: sarà la vista dello sconfinato Oceano Atlantico, sarà essere ai confini dell’Europa, sarà quello che volete… ma i Dream of Poe non vengono meno a questa regola. Secondo full-length per questa formazione (in realtà un duo) che propone un gothic/doom pieno di grazia e malinconia, mai troppo marcio o devastato, con qualche passaggio di art metal. “Egregore” è una marcia funebre pesante, ma non macabra: il cantato di Miguel Santos è in clean e il brano, che supera gli undici minuti, ha comunque dei momenti elettrici potenti nonché un ritornello cantabile. “Lethargus” procede per altri undici minuti praticamente sullo stesso tema: ma diamine, siamo in un disco gothic/doom, questo è un bene! E infatti la canzone riesce, almeno a tratti, a creare quell’effetto trance che vorrebbe suscitare nell’ascoltatore fin dal titolo. Finisce però per suonare troppo statica “The Isle of Cinder”, che comunque supera i dieci minuti (come, del resto, tutti i brani in scaletta); “Lighthouses for the Dead” butta nel mucchio cori e controcori vagamente inquietanti, che incupiscono l’atmosfera. Ci troviamo anche di fronte al brano più ispirato e, a suo modo, drammatico. Si cambia leggermente registro con la conclusiva “Macula”, meno legata agli stilemi del doom inglese e più vicina a un gothic snello, quasi confinante, come si diceva, con l’art metal, vicino alle sonorità degli ultimi Katatonia o dei Paragon of Beauty. Nel complesso, nonostante il calo di tono evidenziato, un ottimo album.
(René Urkus) Voto: 7,5/10