(Terror from Hell Records – Horror Records) Quanto dura la morte? E quanto ci si impiega a raggiungere l’aldilà, il Mondo dei Morti? La risposta è venti anni. O quasi, visto che proprio nel 2016 gli italiani Abysmal Grief celebrano i venti anni di funerea attività, venti anni di occulto, venti anni tra tra sepolcri, bare e riti nel nome del crepuscolo della vita. Vent’anni dissacranti, lontani da cose ovvie. Vent’anni di percorso spirituale. Vent’anni di adorazione dell’oscuro, di notturne passeggiate nei cimiteri. Una entità artistica che va mostruosamente oltre il puro spettacolo. La sintesi della coerenza, del moderno “trve”. Ed ecco “Strange Rites of Evil”, un capolavoro in costante mancanza di equilibrio tra luce ed oscurità, tra sacro e profano, tra santificato e dannato. Tra dio e Satana. Tra mondo dei vivi e Mondo dei Morti. Tra liturgia santa e liturgia del male. Un equilibrio meravigliosamente instabile che si presenta ovunque, a partire dalla foto della band, ritratta davanti alla decadenza di un tempio, con Fog (batteria) che sfoggia una superba croce rovesciata a fianco del misterioso Lord Alastair (basso) -essere che si colloca tra un demone ed un frate- con in evidenza la croce del dio dei poveri mortali. E nelle melodie ecclesiastiche della tastiera, tra i riff micidiali della chitarra, nel pulsare del sangue glorificato dal canto dei fedeli, la dualità di questa entità infestata dagli spiriti viene ulteriormente offerta (in sacrificio?) con l’immensa performance vocale di Labes C. Necrothytus, il quale in questo album -forse più dei precedenti- intensifica la costante alternanza tra la sua tuonante gloriosa voce clean e quella in growl, assurdamente malvagia, sepolcrale, rabbiosa. Già la apocalittica opener “Nomen Omen” delineerà il vostro futuro distesi nel confortevole velluto dell’ultimo giaciglio: oltre 10 minuti di pulsazioni, di devastanti riff taglienti, di ritmiche che riconfermano e riscrivono le regole del doom, di keys che materializzano l’odore pungente dell’incenso. Sublimi dettagli sinfonici con la title track. Più soffocante “Cemetary”. Più diabolica “Child Of Darkness”. Nuovamente agli apici di un irriverente glorificazione con “Radix Malorum”. Oltre i vostri sogni, i vostri incubi e le vostre tetre visioni nella conclusiva “Dressed in Black Cloaks”. Un album favoloso, immorale, sadico. Ai vertici dell’orrore, dell’osceno, del perverso e del dissacrante. L’autentico terrore che gli Abysmal Grief riescono a scatenare va ben oltre qualsiasi cosa creata da altre band occulte, sataniche o estreme. Gli Abysmal Grief estraggono la dolcezza della paura ed il piacere del male, li intensificano, li innalzano. Li benedicono e li rendono reali. Oscenamente vivi, scatenati in un costante rituale per attirare il male, risvegliare l’innominabile, verso un totale abbandono, verso la dimensione del mistero dove bestiali creature si nutrono di angoscia, di fede, di in una metastasi della fobia. Tutto ad un tratto quella oscura distesa costellata da tenui rossi lumini, quel ritrovo di anime trapassate, quel tempio dell’oblio diventa accogliente. Morbosamente attraente. E alla fine del rituale, dopo l’evocazione, quando il fumo dell’incenso si è estinto, trasportato chissà dove dalla brezza della notte, quel che rimane è solo il silenzio. La pace eterna. Il sottile piacere dato dal freddo del marmo della agognata tomba.
(Luca Zakk) Voto: 10/10