(R.W.A. Music Company/Atomic Stuff) E’ completamente fuori dalle regole. Assurdamente incompatibile con i luoghi comuni. Mosca. Russia. Terra fredda, glaciale. Dominio musicale dipinto di nero. Black. Death estremo. Ma gli stereotipi vanno smantellati, le regole vanno violate. Distrutte. Hard Rock. Anni 80. Sleaze. Street. Accordi potenti, spensieratezza, teoria del tutto, veloce e subito. Arte dell’uscita di cervello, logica dello sballo. Gli Addiction For Destruction si sono formati a Mosca nel 2010. Una assurdo incrocio post guerra fredda tra gli eccessi americani, l’assurdità di Los Angeles, città degli angeli, con il rigore russo, il grigiore di mosca, mitologico basilico infilzato da San Giorgio. I tempi cambiano. Evoluzione dei popoli, delle culture. E con tossica illogicità che questo hard rock ci arriva caldo, infuocato, nonostante la provenienza gelida. Garanzia: questa band suona dannatamente L.A. Non potevo veramente credere fosse Russa. Ma Tom Spice, D. McKay, e Krock sono russi, e stanno già invadendo il mondo, grazie anche alle doti del Danese Henning N. Nielsen alla sei corde. Logica della propagazione del culti, delle mode. “Feelin’ Fine”, il pezzo che ha aperto loro le porte di Mosca, per uscire, emigrare verso il mondo. “On My Needle”, carica come una botta di eroina in vena, note potenti mescolate all’oscura dea dagli occhi d’oro. “My Resistance”, opener decisa, che apre, sfonda, abbatte ogni limite, ogni confine verso il rock ‘n’ roll. “Rock’n’ Roll to You”, inno da cantare fino all’esplosione delle corde vocali. Dieci pezzi ricchi di energia, suonati in maniera eccellente. Questo album, 23 anni dopo il crollo del muro, conferma che veramente i confini sono sbiaditi. Anzi, decisamente distrutti. Il rock’n’roll non ha confini. Non ha limiti. E questa dovrebbe essere l’unica vera ragione per la quale esso esiste.
(Luca Zakk) Voto: 7,5/10