(Indie Recordings) Si ribella alle sevizie socio-politico-sanitare dell’anno scorso il trio strumentale norvegese Addiktio, offrendo al mondo questo secondo album. La loro musica ama essere strana, contorta, isterica, ipnotica, imprevedibile e quell’anno di forzata reclusione ha offerto loro la possibilità di andare oltre, di approfondire, di comporre e registrare musica più cinica, più perversa, più tortuosa. Il genere? Bella domanda. E non esiste nemmeno una vera risposta. Gli Addiktio sono musicisti di alto livello in grado di catturare qualsiasi ispirazione e comprimerla dentro a questi otto favolosi brani, prendendosi la libertà di esplorare ogni limite e stile: ci sono momenti psichedelici, parentesi metal (math, post, djent), c’è jazz e post jazz, c’è elettronica/synth, c’è pop… una palese dichiarazione di indipendenza stilistica, di libertinaggio artistico favoloso. Dopo l’isterismo malato ed irrequieto della progressiva title track in apertura, “Genetic Circus” penetra il cervello con atmosfere synth suggestive, sognanti, a tratti cosmiche, affiancando estasi a ossessione, proponendo una pace atmosferica capace di crescere verso un rock che svela scenari incantevoli. Drammatica ed inquietante “The Grand Farewell”; sono oniriche le parti iniziali e finali della poi pesante “Spectacle”, mentre si rivela introspettiva e romanticamente apocalittica “Epidemic Orchestra”. Pura follia con l’incalzante e deliziosamente irregolare, instabile “Dreadmill”, molta chitarra -in tutte le salse- con “North”, prima della conclusiva “An Ode To The End”, la quale musicalmente porta lontano, offrendo intimità, paesaggi sonori sconfinati, un assolo di basso stupendo ed un trasporto mistico verso galassie lontane. Musica nella quale immergersi, con la quale urlare in tuonante silenzio. Musica per viaggiare con la mente, con il corpo. Musica che entra dentro, portando fuori tutto, svelando, rivelando, coinvolgendo.
(Luca Zakk) Voto: 9/10