(Time To Kill Records) Il terzo album degli Adversor musicalmente è qualcosa di concettuale. Lo è nei testi, ovviamente, perché affrontano una serie di emozioni forti, come l’ansia, la sofferenza, la frustrazione e così via per arrivare a definire un ritratto spietato dell’uomo e di denuncia verso la società nella quale vive. Anche la musica però è concettuale: l’equilibrio nel suonare tra il thrash e death è un atto di concepimento creativo alquanto evidente in questo “Portrait Of A Wasteland”. Nello specifico certi passaggi nei vari pezzi dell’album o intere composizioni, ricordano quanto fatto dai Kreator fino ai primi anni ’90 e sommariamente il thrash tedesco. Quel suonare thrash metal in maniera un po’ oscura con debordamenti nel death metal è qualcosa al quale gli Adversor si avvicinano. Inoltre qualcosa dei Necrodeath si avverte perché quel suddetto suonare a cavallo dei due generi, è stato il varco per alcuni a passare verso il black metal. Questa argomentazione non vuole essere una denuncia di derivazione o peggio di un già sentito, anzi si vuole avvalorare quel forte concetto di stile che la band veneta riesce ad esprimere. Un suonare pulito, ben tagliato comunque ombroso e con qualche spunto vagamente in stile technical che mette un suo brio a “Portrait Of A Wasteland”. La batteria appare infaticabile nell’avanzare dei brani in questo album che viene ritmato e scansionato da un riffing che si dimena e un buon pacchetto di assoli, di Phil mentre Dado è alla ritmica e anche alla voce. Proprio “Under Siege” ricorda quella nera caparbietà dei Necrodeath, “Outcast” è un eccellente momento kreatoriano, soprattutto con il suo ritornello, mentre “Les Miserables” è una composizione nella quale il tutto è formato dalla valida espressione del preciso contributo dei singoli. C’è una buona presenza di melodie in questo marasma di oscurità tempestosa che come nella copertina di “Portrait Of A Wasteland”, sono quei fulmini di luce che lacerano l’oscurità.
(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10