(Amor Fati Productions) Progetto solista fiammingo caratterizzato da un gelo micidiale, un gelo appartenente ad un ambito artico, eternamente invernale, privo di luce, lontano da ogni ipotesi di irradiazione solare. È un debutto, ma quel ghiaccio penetra nelle vene, lacera, devasta, uccide: atmosfere oscure, sulfuree… esaltate da melodie trionfanti, trionfali, ricche di una decadenza gloriosa. Le chitarre sono un assalto tagliente ma relegato in un background tempestoso, le voci emergono da qualche anfratto dal sentore cosmico, mentre una valanga di livelli di riverbero danno vita ad un sound impattante, incessante, avvolgente, travolgente. Con growl selvaggi e cori epici, con synth imponenti e drumming ossessivo, questo “Met De Drietand Op Mijn Huid” si sviluppa su sette brani possenti, mai brevi, mai prevedibili, capaci di dare un senso materiale a stati di ansia, di disturbo psichico, di esaltazione spirituale. Line di basso che seguono un loro corso, blast beats furibondi e cinici, chitarre malate, voci suggestive: è questa la ricetta, è questo quell’approccio tanto vicino agli anni ’90, al post e all’industrial… tanto quando rappresentarne la negazione assoluta; il tutto in lingua madre, tra mid tempi esaltanti (“Kruisweg” ne è un brillante esempio), alterazioni mistiche e un livello immenso di violenza dominata da un gelido vento siderale.
(Luca Zakk) Voto: 8/10