(Napalm Records) Nati nella graziosa città tedesca di Heidelberg, gli Ahab sono diventati un nome di un certo rilievo nella scena funeral doom metal europea. La band che ha preso a prestito il nome del capitano della baleniera “Pequod” del celebre romanzo “Moby Dick” di Herman Melville, incide il quinto album ben otto anni dopo il precedente. Un lasso di tempo molto lungo, coperto comunque da qualche pubblicazione di materiale dal vivo e non. “The Coral Tombs” tinge le atmosfere di un misto tra decadenza e mistero, non senza rinunciare a melodie che al di là del carattere e umore, sono elementi squisitamente intriganti a volte, oppure evocativi in altri. Ahab imbastiscono minutaggi considerevoli per i pezzi, arrivando a i ben oltre dodici minuti di “Ægri Somnia”, la composizione più cospicua in fatto di durata delle sette. Per i diciannove anni di carriera la band del nautik doom metal, un’etichetta che pare la band si sia attribuita da tempo per conseguenza del proprio interesse verso tematiche legate al mare, imposta il concept tematico delle canzoni attraverso un classico di Jules Verne, “20000 Leghe Sotto Il Mare”. L’attitudine della band e la grandiosità narrativa che ispira i testi, rende questo album colossale. Un album che fa sentire la vastità del suo sound nel quale la batteria passa da ritmi compassati, tipicamente lenti a partiture più vivaci quanto comunque dosate, limitate e dunque dilatate nel tempo. Il guitarworking è ben lavorato, è la vera trama sonora del tutto, un elemento che tinteggia atmosfere, che innalza melodie e che avvolge l’ascoltatore verso una narrazione con timbri melodici cangianti. “The Sea As A Desert” è uno dei momenti più elaborati ma scorrevoli per le chitarre. Chris Dark e Greg Chandler sono ospiti al microfono per una canzone ciascuno, in tal modo il bassista e voce appunto degli Ultha, il primo, e il chitarrista e anche lui voce degli Esoteric, il secondo, iniettano un contributo interessante anche se solo per due pezzi. Il cantato di Daniel Droste, è anche chitarrista con Christian Hector, è un growl oscuro e a tratti quasi un sussurro. L’album scorre bene proprio fino a “The Sea As A Desert”, quarta canzone della tracklist, mentre la seguente delicata e mesta “A Coral Tomb” inizia a indugiare troppo nelle sue atmosfere. Poi ecco le seguenti e conclusive “Ægri Somnia” e “Mælstrom” che in oltre 24’ gli Ahab esagerano nella dilatazione dei toni melodici, mostrandosi di fatto come il tipico funeral doom metal dai toni e modi standard. “The Coral Tombs” è costruito con melodie e trame che se pur estese e dunque dosate nel cammino sonoro, costellano in maniera egregia i pezzi. Dunque una prima parte dell’album ricca di sfumature che progressivamente però sembrano sminuire nel corso della seconda.
(Alberto Vitale) Voto: 7/10