(Fantai’Zic) Un lungo, lunghissimo, pure troppo lungo grido straziato apre le danze del quarto album degli Akroma. Nonostante si nomini il black nel genere proposto, personalmente trovo il combo francese molto più vicino al progressive death di stampo svedese. Devo riconoscere che tecnicamente il cantante ci sa fare, ma la voce a volte risulta davvero a livelli troppo vicini al limite. Forse il tutto è da inserirsi nell’atteggiamento tipico del prog, dove le leggi della tecnica vengono portate a livelli spropositati. Fatto sta che ripeto, di black sento ben poco. Ma non è un difetto, anzi. Qui i ragazzi fanno sul serio, portando avanti traccia dopo traccia u lavoro solido e coeso, dove inserti lirici femminili si inseriscono in canzoni intricate e dal retrogusto vagamente romantico. Come il sottotitolo dell’album suggerisce, il lavoro è molto recitato e vissuto, molto magniloquente nell’appeal. Niente riempitivi, niente punti morti, semplicemente del prog suonato benissimo, ma diciamo che non consiglierei il lavoro ai puristi del black…
(Enrico Burzum Pauletto) Voto: 7,5/10