(Satanath Records) La band in questione nasce nel 1995 a San José in Costa Rica. Venti anni fa, quando il black metal era al massimo splendore e attecchiva bene e ovunque, anche in Costa Rica. Si apprende dalle fonti ufficiali degli Alastor Sanguinary Embryo che il solo Abrahkkan, voce, è rimasto in formazione, mentre il resto dei componenti sono tutti relativamente nuovi. Nuovi adepti del culto di Alastor e tutta gente con un curriculum non da poco, viste le partecipazioni a diverse interessanti realtà di metal estremo di quel paese del Centro America. Questo spiega come mai la band sia stata autrice di tre album, ma in un arco di tempo di ben sedici anni. Black metal dalle tinte sinfoniche e demoniache, nessuna concessione a lacche e orpelli ornamentali, insomma niente opulenza. Il sound è comunque dannatamente chiaro nel presentarsi veloce, ricco di inserti estremi e true black metal, controbilanciato da bridge, raccordi e ricami eseguiti con buona rifinitura, come del resto anche gli assoli dimostrano. Le tastiere sono ben bilanciate, il loro timbro non deborda mai oltre il livello dovuto e prendono raramente la scena, adeguandosi alla struttura e andatura del riffing che suona sempre fragorosa e cattiva. Si sente che l’atmosfera pagana e occulta in questo album emerge di continuo, in quanto parte di una narrazione sonora che permea nel variare del songwriting. Francamente “For Satan and the Ruin of the Divine” è una staffilata diretta al cuore e ai sensi. L’album è spinto, veloce, le variazioni di atmosfera e di ritmi sono continue, eppure non staccano o ledono quella generale frenesia ad oltranza che le dieci composizioni sprigionano.
(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10