(Scarlet/Audioglobe) Ed eccolo di nuovo qui, Edu Falaschi: dopo aver definitivamente abbandonato gli Angra, si è dedicato più che mai al ‘suo’ progetto, gli Almah, e ci regola oggi un ottimo quarto disco ‘solista’. Rispetto alle pur apprezzabili derive di “Motion” (recensito QUI), “Unfold” ha un sound più classico: siamo tornati di base al power/prog degli esordi e della band madre, ma sempre con grande classe e originalità. “In my Sleep”, la opener, ci offre tutto il meglio di questa band: velocità, ritmiche tribali che ci ricordano naturalmente gli Angra e il Brasile, e la performance graffiante e incisiva di Edu Falaschi. Dopo la solida e convincente “Beware the Stroke”, e l’avvolgente power ballad “Warm Wind”, forse il pezzo più Angra di tutta la scaletta, il singolo “Raise the Sun” ci offre un sound moderno e spedito, dove predomina una melodia semplice ma non semplicistica. Di tutt’altra pasta “Cannibals in Suits”, dove se non temessi di dire eresie parlerei addirittura di influssi e richiami ai primi Sepultura (questo nella prima parte del pezzo, che ha poi un break strumentale d’alta classe). “Wings of Revolution” vive di una meravigliosa mistura di piano e cori: un brano che ha un appeal commerciale senza svendere l’identità della band. “Believer” è un pezzo estremamente cangiante, che va da accenni di metal estremo ad assoli progressive fino a un ritornello molto melodico; dopo il groove di “You gotta stand” abbiamo i nove minuti di “Treasure of the Gods”. Si parte naturalmente su toni docili, con un Falaschi molto profondo, quindi il brano diventa una arrembante cavalcata con ampi sprazzi strumentali dove emerge ancora qualche passaggio etnico. Il singer brasilero ci saluta sulle dolci note di “Farewell”, quadratura del cerchio di album al quale non manca niente. I fan sono avvisati.
(Renato de Filippis) Voto: 7,5/10