(Shadow Kingdom Records) Il doom metal dei danesi Altar of Oblivion si è leggermente alleggerito rispetto alle prove precedenti: il risultato è molto più vicino alle matrici ottantiane del genere, e quindi piacerà di meno agli estimatori degli Ahab o dei Funeral e di più a quelli dei Candlemass o dei Saint Vitus. Sei i pezzi in scaletta di un disco forse un po’ breve, che si assesta attorno ai 35 minuti di durata. “When Darkness is Light” è un macigno che – appunto – urla Candlemass in ogni nota, reso più interessante dalla voce stentorea del singer Mik Mentor. Ancora più pesante “In the Shadow of the Gallows”: i testi stranianti e a tratti incomprensibili contribuiscono a rendere l’atmosfera magica e misteriosa. Dopo l’intermezzo strumentale “The Smoke-filled Room”, che sa tanto di rock seventies, “Final Perfection” è una litania funebre sofferta ed evocativa; non mancano comunque le concessioni alla melodia (il ritornello di “The Graveyard of broken Dreams” entra subito in testa). I danesi ci sanno sicuramente fare, ma questo prodotto di nicchia (disponibile sia in cd che in lp) non brilla naturalmente per originalità.
(Renato de Filippis) Voto: 7/10