(Blood Harvest) I tre australiani denominati Altars si cimentano nel debut album, dopo aver vivacchiato su piccole release per alcuni anni. “Paramnesia” è un death metal pesante, scandito, molto dinamico nel riffing e prima ancora nelle trovate dei ritmi della batteria. Il sound è cavernoso, in sintonia con alcune cose degli anni ’90 e infatti alcuni passaggi risentono di ascendenze doom, soprattutto per le atmosfere decadenti, nere, marce. Nonostante ciò la possenza del sound è enorme, come un muro sonoro spesso e alto, invalicabile. Voce torva, profonda a tratti greve, elemento che conferisce una maggiore valenza sepolcrale a questo album che presenta diverse fasi piacevoli, soprattutto per alcune progressioni e passaggi estremi in stile Morbid Angel prima era. Le zone d’ombra nel sound degli Altars ricordano invece gli scenari cari ai Deathspell Omega o addirittura i Blut Aus Nord di qualche anno fa, anche se gli australiani sono più basilari e meno raffinati. La sezione dell’album divisa in tre parti e denominata “Descent”, “Gibbous” e “Ourobors” (comunemente dette “Paramnesia” I,II e III), mostrano una band dall’atteggiamento più sperimentale o comunque “sopra le righe”, visto che sceglie ritmi e riff frenetici o stoppati oppure caotici quasi verso un noise metal. Un sound che a tratti è dunque difficile da catalogare o spiegare. L’atmosfera generale ha un lieve senso onirico, ma è l’incubo che regna sovrano e non sogni placidi e confortevoli. Un buon esordio, adatto per chi ama orizzonti sperimentali, anche se, a mio modesto parere, la band deve ancora trovare la sua esatta direzione, visto che spesso alcune parti death metal di natura classica vengono spazzate via da sezioni più eccentriche e che poco hanno a che vedere col resto. Il risultato è una frammentazione eccessiva delle idee.
(Alberto Vitale) Voto: 6/10