(Nuclear Blast Records) Secondo disco con la Nuclear Blast, tredicesimo giro intorno al sole e settimo sigillo in carriera per gli svedesi Amaranthe, i quali per l’occasione fanno debuttare il nuovo harsh vocalist, ovvero Mikael Sehlin (Degraded e Paralydium). Rispetto al precedente “Manifest” (recensione qui), questa volta non c’è alcun ospite, mentre musicalmente siamo sulla stessa collaudata grandezza d’onda, con il death-pop spinto ad un immenso livello scenografico, farcito da seducente elettronica, con il solito gioco a tre voci che si rivela sempre più vincente e coinvolgente. In quanto pop, per quanto metal o death metal ci possa essere nei dettagli, anche questo album è farcito di melodie catchy, di ritornelli memorabili, di lyrics super attuali (ambiente e intelligenza artificiale sembrano dominare)… e non mancano divagazioni teatrali, grandezze sinfoniche avvolgenti e genialmente contrapposte dal trio di voci. Non manca l’aggressività (“Insatiable” e “Damnation Flame”), non manca una perfetta ballad mielosa, tra l’altro cantata in maniera sublime (“Stay A Little While”) e non mancano le pulsazioni dance (“Ecstasy” e “Re Vision”). Certo i puristi del metal li snobbano da sempre, anzi non vengono proprio considerati ‘metal’, ma questi vendono… e non sono accasati in una etichetta votata alla beneficenza, anzi. Quindi? È Metal? Non è metal? Cos’è poi il metal, oggi giorno? Fino a prova contraria (che non vedo presentarsi nemmeno all’orizzonte) hanno ragione gli Amaranthe!

(Luca Zakk) Voto: 8/10