(Spinefarm/Universal Music) Se qualcuno di voi si domandasse se “The Nexus” è paragonabile al precedente “Amaranthe”, vi dichiaro un si immediato e spontaneo. Lo spirito è quello, canzoni semplicemente ruffiane, orecchiabili, da classifica, da radio. Non c’è niente di dispregiativo in tutto questo, ma gli Amaranthe sono questo. C’è sempre Elyze Ryd, messa lì al centro della copertina (scelta condivisa), messa a ricamare vocalmente strofe che altrimenti non potrebbero funzionare, se rette dai soli Andreas Solvestrom e Jake E, controparti maschili della Ryd al microfono. Non mancano episodi dubbiosi, su tutti c’è “Razorblade”, una sorta di Nightwish in versione pop-metal, oppure “Electoheart”, una micidiale commistione di techno, pop e metal; eppure l’economia melodica e di rendimento di “The Nexus” sembra elevata. La ricetta degli Amaranthe è molto semplice, una melodia principale, canonici ritornelli, pochissimi bridge per valorizzare la musica, quest’ultima troppo schiava per essere protagonista al di fuori di un’immagine precostruita della band (mi spiace, ma credo che le cose stiano così), inoltre è modulata su momenti ruvidi (o che pensano di esserlo, grazie a qualche growl o voce harsh piantata in giro e qualche plettrata più energica) ai quali rispondono immediatamente melodie ampie o pompose o melodicamente modulate dalla Ryd, il tutto accompagnato da tastiere che annacquano la controparte metal e conferiscono una patina di modernità al tutto. In definitiva ritengo che le melodie siano riuscite, quello che mi lascia perplesso è la qualità della musica, degli strumenti troppo essenziali. Credo che se l’album oggi potrà schizzare nelle classifiche di mezzo mondo, tra qualche anno suonerà stravecchio perché metterà a nudo i suoi limiti di longevità.
(Alberto Vitale) Voto: 7/10