(Sentient Ruin Laboratories) In realtà questi americani amano farsi chiamare ‘american”, ovvero in tutto minuscolo. Sottotono. Atteggiamento negativo, inneggiante al nulla. Tuonano dalla Virginia e sono una band vagamente misteriosa che tedia la pace nel mondo con un black selvaggio e marcatamente industriale. Apparentemente i due componenti della band non fanno concerti, non sono noti nella vita sociale, vivono nel nome dell’auto-reclusione e registrano tutto ‘in casa’, ovviamente lontani ed isolati da tutti e tutti. Dieci tracce. Tutte sconvolte, schizoidi, oscure, ricce di rumore, di violenza, di devastazione ed una generale tendenza suicida che è costantemente presente ovunque, con persistenza, durante questi tre quarti d’ora di massacro. Ma attenzione, non si tratta di musica underground fatta male e pubblicata da qualche parte! Gli american sanno il fatto loro, hanno intelligenza creativa e questo disco di black/noise/industriale risulta coinvolgente… genera un magnetismo pericoloso e destabilizzante! Non è uno di quei dischi facili da memorizzare, ovviamente, non è uno di quei dischi dai quali trai piacere con uno o due brani (i singoli, le hit). No. Qui c’è un costante senso di torpore bipolare che ti ipnotizza ma contemporaneamente ti tortura. I cambi tra blast beat, rumori inospitali, grida strazianti o momenti atmosferici sono totalmente improvvisi ed imprevisti. Le linee vocali possono essere presenti o sepolte in una melma acida sovrastata dal caos post industriale. Gli american registreranno in casa, da soli e lontani dalla società… ma ciò che viene inciso e offerto al mondo è depressione, isterismo, puro disagio e assoluta deviazione umana, tutti qui incolonnati verso la fine assoluta, verso un armageddon doloroso ed eterno.
(Luca Zakk) Voto: 7,5/10