(Dooweet) Ho fra le mani la seconda parte del concept egiziano degli Amon Sethis, band dedita a un prog metal fondato su suggestioni mediorientali, e sono combattuto fra diverse emozioni: da una parte il disco mi sembra fantastico, dall’altra non posso evitare di riconoscere alcune clamorose cadute di tono. Forse per fare chiarezza la cosa migliore è tentare un track-by-track quasi completo. Con un giro elementare ma evocativo, la opener “Shadow the Light” ricrea bene l’atmosfera egiziana (che non è certo monopolio dei Nile); è bello soprattutto il basso in evidenza. “Pharao’s Army” inclina verso i toni doomeggianti che pure sono caratteristici del (sotto)genere, i quali contrastano ottimamente con la successiva “Hope”, la quale naturalmente ha delle aperture melodiche abbastanza pronunciate. “Aissem Tenemra” è però il primo scivolone della scaletta: decisamente troppo lunga e monocorde la parte ‘recitata’ a fine brano. La successiva ballad “Eyes of the Sun” funziona musicalmente, ma la metrica del testo è davvero incerta; avvolgente anche la successiva “Ateravis the Commander”, che lascia davvero intravedere le sabbie del deserto, e pure sono godibili le dure divagazioni prog metal di “Far Beyond Death”. Poi però arriva “The final Struggle”, 25 minuti e 43 secondi (di cui pure molti recitati), e il disco si accartoccia letteralmente su se stesso: il pezzo è oggettivamente troppo lungo, e diventa per l’ascoltatore, inevitabilmente, stancante e prolisso. Facendo una media, agli Amon Sethis tocca comunque un voto decisamente alto, ma chi si accosta a questo disco d’atmosfera deve essere informato sulle sue mancanze.
(Renato de Filippis) Voto: 7,5/10