(Whispering Voice Records) I norvegesi Ancestral Legacy sono partiti nel lontano 1995 come formazione black, ma gli anni e i numerosi cambi di formazione hanno mutato molto il sound originario, che oggi mi sembra un incrocio fra l’arte doom/death dei Novembre e la pomposità dei Dimmu Borgir. Il terzo album della loro discografia, “Terminal”, finisce dunque per avere toni e atmosfere molto variabili e accattivanti, ma pecca a mio parere di una eccessiva lunghezza complessiva (settanta minuti totali per dodici pezzi, di cui cinque sopra i sei minuti). L’ascoltatore che non sia un vero fanatico di questo (sotto)genere ne esce letteralmente spompato! “Bone Code” vive del contrasto fra parti pianistiche e sfuriate quasi black, fra il growling pesante di Eddie Risdal e la voce angelica di Isadora Cortina. “Lethe” si compone di tre parti che si prendono buoni venti minuti in totale: con diverse aperture gotiche più leggere la prima, maggiormente estrema la sezione centrale, mentre il terzo segmento inclina al gothic/doom di area britannica, con addirittura qualche timido suono elettronico. “My wretched Lord”, invece, si compone praticamente di due brani differenti, entrambi tendenti a un gothic metal molto più leggero, che potrebbe quasi essere paragonato a quello dei Lacuna Coil. Appunto, il centro del disco sembra inclinare su tonalità meno estreme (“Oregon Trail” è quasi gothic puro, “Death, Silence without Pain” ha tonalità decadenti, con un riff da Anathema era “Silent Enigma”) fino alla conclusiva titletrack, che ospita anche qualche spunto avantgarde. Un album dalle due anime che cattura ma, come già detto, è pieno fino a scoppiare!
(René Urkus) Voto: 7/10