(Limb) Con “A new Dawn Ending” si chiudeva la prima parte della ‘Black crystal Sword Saga’: “Origine” dà via alla seconda, nella quale trovo i Bardi – ormai una istituzione del panorama metal italiano – da una parte più ancorati al classico symphonic power metal (il che è un bene), dall’altra più compatti e direzionati, senza quegli eccessi strabordanti che non mi avevano fatto apprezzare appieno il predecessore (il che è benissimo!). Questo quarto album della loro discografia si presenta allora riuscito sotto tutti gli aspetti! La intro parlata, che è anche la titletrack, prelude a “Impious Dystopia”, la quale attua quel rewind al sound delle origini che a chi scrive è assolutamente gradito: a parte gli inserti in growling di Simone Bertozzi, le sonorità e l’impianto generale sono quelli del fantasy metal di fine anni ’90/inizio 2000, quello che ha avuto nei Rhapsody e nei Dark Moor i propri maggiori rappresentanti. Il tasso di Medioevo nel sound aumenta ancora con l’ariosa “Fantasy’s Wings”; emoziona sinceramente “Light”, power ballad in crescendo che prima del quieto finale culmina in cori potenti, sui quali si staglia la sempre bellissima voce di Sara Squadrani. Altro ritornello folk influenced per “Titanism”, mentre “The Hollow” è una escursione sinfonica molto emozionale, che sconfina largamente nella soundtrack music. La conclusione è naturalmente affidata a una suite, “The great Divide”: 14 minuti nei quali si fa apprezzare soprattutto la parte lirica, con una Sara da brivido. In attesa di ascoltare il nuovo disco dei Rhapsody of Fire, e magari le future produzioni dei Turilli/Lione Rhapsody, gli Ancient Bards sono al momento quanto di meglio abbia da offrire il Belpaese in quest’ambito.
(René Urkus) Voto: 8/10