(Club Inferno Ent.) Nella mia collezione di vinili e CD, sugli scaffali in corrispondenza della lettera ‘A’, c’è questo disco, questo “Flames Everywhere” che tre lustri fa attirò la mia attenzione…. un po’ per il moniker, un po’ per il titolo. Da allora gli italiani And Harmony Dies se la sono presa comoda, pubblicarono dopo molto tempo “Totenamt”, sei anni fa, e probabilmente io manco me ne sono accorto. Ma ora, tra le centinaia di proposte che ci vengono sottoposte settimanalmente, ecco che questo moniker attira nuovamente la mia attenzione, stuzzicando l’ottimo ricordo di quel vecchio album ‘in fiamme’ che mi avvicinò alla band per la prima volta, facendomi scoprire quella stravaganza sonora che spesso ci aspettiamo solo da nomi blasonati provenienti da qualche freddo fiordo del nord. Il nuovo “Ballast” conferma le aspettative… ovvero che con questa band non c’è un barlume di possibilità di azzeccare una previsione corretta! Tra l’altro il gruppo viene definito come ‘black metal con influenze thrash, doom, folk e world music’.. ovvero un po’ di tutto senza però considerare quel turbinio sonoro che emerge con l’imponente “Alhena’s Chief In The Golden Spiral”, brano nel quale black diventa prog… prog moderno ma anche vintage, sia nell’impostazione che nelle sonorità… evolvendo poi attraverso teatralità circensi, impostazioni oscure, drammatiche e avant-garde! ma vi sto parlando solo del primo brano, quello appena dopo l’introduzione! Graffiante “Life Xar”, con quell’ira infernale invasa da impostazioni sinfoniche, un libertinaggio sonoro comparabile solo a quello dei francesi Pensées Nocturnes. Intima ed oscura “Atoll O”, traccia stupenda costantemente in controtendenza, delicata, atmosferica, suggestiva… malinconicamente romantica, con un crescendo progressivo che scatena un refrain irresistibile, impostando parentesi ricche di beat elettronici, di black metal, di fughe dal sapore etnico. Tetra e drammatica la seducente “Leave Now”, nervosa “With No Sentence To Learn” con le sue schizofreniche alternanze tra velocità black e provocazione gotica. La tile track affascina: rock elettronico pulsante che si intreccia con malinconie heavy, in un vortice coinvolgente travolto da un incalzare spietato. Le sensazioni diventano ancor più contorte con la visione cosmica offerta dalla lunghissima “How To Lighten Daily Weights”, mentre si rivela palesemente sperimentale “Drop The Curtain”, con la sua poesia, prima dell’imprevedibile e festosa ‘ghost track’, la quale per l’ennesima volta rimescola le carte drasticamente. Dietro una copertina semplicemente stupenda, “Ballast” è un album molto complesso, infinitamente complesso… ma maledettamente fruibile, avvolgente, travolgente! Certo, la band riesce a mescolare veramente di tutto, ma con una stupefacente organizzazione, con una senso narrativo unico, fattori che danno vita a nove (o dieci?) brani che scorrono tumultuosi pur rimanendo sempre capaci di catturare l’attenzione, sorprendendo impulsivamente oppure regalando quelle componenti catchy alle quali è impossibile rimanere indifferenti.
(Luca Zakk) Voto: 9,5/10