(InsideOut Music) Andiamo, in queste righe, ben al di fuori del metal. A volte succede, a volte deve succedere. Questa volta è così, perché si scrive di Jon Anderson e Roine Stolt. Il primo è la storica voce degli Yes, il secondo è stato chitarrista dei Kaipa, band prog rock svedese, e dei The Flower Kings, altro grande esempio del prog. I due scrivono la musica per questo album che ha un tocco a dir poco celestiale. Se conoscete gli Yes – un po’ tutte le loro fasi – e avete avuto approcci ai Flowers o ai vari esempi solisti di Stolt, potreste già avere un’idea del taglio musicale di cui è capace “Invention of Knowledge”. Qualcosa degli Yes ma dal suono fresco, e sopratutto non privo delle tante sfumature e bagliori improvvisi che quella formazione ha saputo creare nelle pieghe del proprio sound. “Invention of Knowledge” si basa su tre sezioni, conformate da tre, due e di nuovo tre canzoni, più una che chiude, dunque nove in tutto per oltre un’ora. Tutte dal minutaggio sostenuto: si va dagli oltre sette a oltre dieci e undici minuti, solo “Golden Light” si assesta su oltre tre minuti. Il tutto è soltanto la sensazione di viaggiare attraverso delle suite ben concepite, scorrevoli e dai tanti passaggi che costituiscono un flusso melodico notevole. La musica di Stolt e Anderson è rigogliosa, colorata, fatta di luce. Non sono quel tipo di composizioni che si lasciano seguire per potenza, per essere travolgenti. In pratica “Invention of Knowledge” è il fiorire di continui arabeschi, sogni, paesaggi e dimensioni, le quali si sommano e si annullano per rinascere. Un album che attrae l’ascoltatore che si impianta nella sua testa con il tempo e non per una complessità architettonica, ma per un’opulenza di cose. Nell’album compare anche uno stuolo di musicisti e coriste al seguito, tra i quali spunta anche’s Daniel Gildenlow dei Pain Of Salvation e una parte degli stessi The Flower Kings.
(Alberto Vitale) Voto: 8/10