(Einheit Produktionen) In vent’anni di carriera, gli epic blacksters tedeschi Andras hanno pubblicato sette album. Ma l’interrogativo dei seguaci di questa entità teutonica era sicuramente orientato al silenzio discografico degli ultimi 7 anni. Risale infatti al 2010 l’album “Warlord”, seguito solo a fine 2017 da questo nuovo ed intenso “Reminiszenzen…”. Il titolo significa ‘reminiscenze’ e vuole proprio essere un ricordo di una epoca recente ma trascorsa, di un black metal motivato da spiritualità, eresia e legami con le radici della natura e della cultura dell’individuo. L’album offre melodia, tematiche epiche, pur rimanendo fedele ad un black trionfale, non estremo, spesso cadenzato e veloce ma mai spaventosamente furioso, sempre potente, esaltante, coinvolgente. Oltre un’ora di musica possente, con il growl carismatico del nuovo vocalist, chitarre dirette ma elaborate, capaci di abbandonarsi a idee melodiche o assoli molti suggestivi. Con una rimescolata formazione, che vede il fondatore Nightsky unito a musicisti nuovi ma anche appartenenti a precedenti configurazioni della band, vengono proposte tredici tracce potenti, incisive e curate nei minimi dettagli anche a livello di produzione, tra l’altro curata da Farago, anche chitarrista del primo album della band. Tagliente “Im Schatten der Flammen”. Oscura e pregna di una epicità decadente “Black Rain”. Un tocco di vecchi Dimmu Borgir su “Phantasma”, un totale feeling symphonic epic sulla bellissima “Zenit”. Black più ancestrale con “Der blinde Mann”, la quale lascia spazio alla fantastica “Altar der Finsternis”, un brano ricco di voci corali, incentrato su un mid tempo incalzante, quasi un’assurda versione epica di alcune idee dei Rammstein. Pesante “Blessed In Sin”, l’unico brano in inglese che vantaun assolo progressivo il quale si distacca marcatamente dal black metal. Ancora mid tempo superlativo, forse il tipo di ritmica più consona agli Andras, con “Fergunna”: questo mid tempo dinamico, il quale a volte si spinge oltre, sempre supportato da ottime keys mentre quel growl in qualche modo appartenente ad altre epoche, tuona feroce. L’album chiude con “Der Raubschütz”, brano in due capitoli (più “Das Portal”, in chiusura) che un po’ riassume la potenza creativa della band, con suggestivi tratti epici e trionfali, una forte componente atmosferica ed una parte più veloce impostata ancora una volta su idee magniloquenti. Album di alto livello artistico, ricco di spunti, di idee, di varianti tutte ben amalgamate e opportunamente abbinate con il resto. Qualsiasi sia stato il motivo di questa pausa artistica è innegabile che l’attesa ne è valsa la pena.
(Luca Zakk) Voto: 8,5/10