(Pure Steel/Audioglobe) Gli Angband sono abbastanza conosciuti nell’underground metal per essere, probabilmente, l’unica formazione di heavy/power proveniente nientemeno che dall’Iran. Chi scrive, però, non è mai riuscito ad apprezzarli più di tanto, e la staticità del loro terzo disco “Saved from the Truth” non fa che confermare dubbi e perplessità. Molto cupa, quasi ossessiva nelle sue divagazioni vagamente prog, l’opener “Seasons of my Pain”, ma i due brani successivi sono decisamente involuti e farraginosi: la titletrack andrebbe meglio, ma l’interpretazione a tratti miagolante di Ashkan Yazdani rovina un po’ tutto. Poi improvvisamente il disco decolla, un attimo prima che sia troppo tardi: il lentone “Angel” è decadente e drammatico al tempo stesso, mentre nel lungo strumentale “Persia” gli Angband sfruttano finalmente le influenze orientali che avrebbero potuto fare la differenza e il successo di questo disco. Dopo l’arrembante “Kill the Hatred”, la conclusiva “Bitter Truth” è una candela che si spegne lentamente fra sofferte note acustiche e (ancora) qualche suono orientaleggiante. Lungi da me condannare una formazione che, per fare quello che fa, sfida le leggi di un regime e di un modo di vivere dove l’heavy metal sicuramente non ha alcun posto; ma “Saved from the Truth” ha oggettivamente i suoi difetti.
(Renato de Filippis) Voto: 6/10