(Steamhammer / SPV) “Hope in Hell” e “Anvil Is Anvil”, hanno raccolto buone impressioni, non da meno qualche giudizio indulgente e forse pochi negativi, tuttavia il trio canadese è ancora oggi il massimo nello scrivere canzoni con spontaneità e modi catchy. C’è un po’ di mestiere in questo nuovo album e manco a dirlo perché i canadesi esistono dalla fine degli anni settanta, allora neppure si chiamavano ancora Anvil. Fisiologico dunque un brano come “Ego”, un genere di canzone strasentita eppure coinvolgente. Mestiere anche “Black Smoke” che potrebbe ricordare i Motörhead e il riff (ma soltanto quello?) di “World of Tomorrow” che guarda ai Black Sabbath. Ricalcano molto se stessi e quel bastardo speed-heavy metal a spron battuto, manifestato a prescindere dal calco e dalle sue origini. “Pounding the Pavement” sigla la sua genesi dal precedente “Anvil Is Anvil”, quando Steve ‘Lips’ Kudlow e Robb Reiner si sono probabilmente concentrati su qualcosa scartato da quell’album, rimpinguando il tutto di altro materiale. Ne esce un nuovo album con canzoni nate da un flusso creativo non del tutto esaurito. “Pounding the Pavement” conquista al primo ascolto e più ascolti chiamano ancora a se le tredici canzoni (“Don’t Tell me” è una bonus track inserita in tutte le versioni dell’album, fisiche e non). Il rischio è di inflazionarle nella propria testa, perché gli Anvil la testa la battono come un’incudine, sempre. A proposito di incudine, anche questa volta, la diciassettesima in carriera, è in copertina. Un po’ nascosta ma c’è!
(Alberto Vitale) Voto: 8/10