(Avantgarde Music) Zorgh, la bassista e membro fondatore degli svizzeri Darkspace, ha creato un altro mostro: Apokryphon. Il nuovo progetto non ha nulla a che fare con il black metal cosmico della band principale, anche se è innegabile la percezione di un family-feeling in certe divagazioni atmosferiche che, nonostante l’apertura ad altre ambientazioni, non disdegnano quella ‘tradizionale’ freddezza siderale. Ma “Subterra” è decisamente molto più atmosferico ed avant-garde che strettamente black metal, un disco che segue una direzione molto diversa da quella dei Darkspace, tanto che Zorgh stessa ha voluto ribattezzarsi Ophis per questo suo nuovo viaggio nelle tenebre. Il moniker del progetto si ispira a concetti biblici apocrifi, esprimendo ideali nascosti, occulti ed oscuri: “Subterra” è sostanzialmente un concept che proprio tratta questi argomenti proibiti, esprimendoli con del black metal circondato da sonorità dal gusto orientale e medio orientale, tanto per ribadire l’ambito geografico della tematica esposta. Otto corposi brani, spesso di notevole durata, per un’ora di devastanti sonorità estreme concepite con un punto di vista molto personale per certi versi anche originale. “Evangelion of the Serpent” apre subito sorprendendo: una lunga introduzione dal sapore galattico seguita da una progressione dal sentore marziale con un’evoluzione tecno ambient che deflagra in un black metal efferato il quale non lascia spazio per il respiro. Un introspettivo assolo di basso apre le porte per “The Naasene Psalm”, altro brano capace di esplodere in un black metal nervoso e feroce, anche se farcito da idee tecniche e piccoli dettagli di grandissimo prestigio. Inquietante e pestilenziale il mid tempo di “Sand Ghosts”. Ma è “The Great Ignorance” uno dei pezzi più ricchi di evoluzioni, un brano nel quale la misteriosa Ophis ha riversato molta della sua personale creatività: ambient di matrice etnico-tribale, ricco di percussioni tradizionali, suoni misteriosi di stampo orientale, con un crescendo corale semplicemente favoloso. Più feroce “Anthropos”, avant-garde estremo con partiture non convenzionali su “Nag Hammadi”. Ambient nuovamente noise/siderale seguito da un black furibondo con “Taxidermia”, mentre la title track in chiusura si atteggia ad un senso di apocalittico trionfo, sia per quanto riguarda la componente atmosferica che quella più estrema, ancora una volta con arrangiamenti deliziosamente irregolari, linee di basso esaltanti ed un groove assolutamente irresistibile. Ophis si rivela. Esce dall’aura dei Darkspace e dimostra a tutti cosa è in grado di fare da sola (tranne per una collaborazione alla voce con Djinn), quale enigmatica dimensione sonora è in grado di materializzare. Black metal e black atmosferico alle radici, musica diabolicamente etnica nell’impostazione: una libertà stilistica impressionante nella quale l’artista svizzera banchetta con prepotenza senza imporsi alcun limite.
(Luca Zakk) Voto: 8,5/10