(Cruz del Sur Music) Il doom metal è un genere che è letteralmente (ri)esploso in questi ultimi anni; la redazione di MetalHead è invasa da prodotti digitali o fisici che rimbombano della musica del destino, e – inevitabilmente – arrivano tante cose che, pur non demeritando, non spiccano in particolare in un mercato che è al collasso da almeno tre o quattro anni, ma comunque non muore… Gli statunitensi Apostle of Solitude sono al terzo full-length in un decennio di attività e, a mio modesto parere, confezionano un disco godibile, ma in definitiva senza infamia e senza lode. Onestamente non memorabile l’opener “Blackest of Times”, che ricalca stilemi abbastanza abusati del doom metal più Candlemass oriented. Con più mordente, e un riff meglio strutturato, “Whore’s Wings” (che strano titolo!), e anche l’ipnotica “Die Vicar die” ha il suo perché. Martellante (forse nel finale pure troppo!) “This Mania”, scelta dalla band come singolo per il video; il disco, a parte il reprise della intro, si chiude con un altro pezzo un po’ anonimo, “Luna”, che si fa notare soltanto per uno sporchissimo solo nel finale. I collezionisti sono avvisati, ma forse soltanto loro…
(René Urkus) Voto: 6,5/10