(Moribund) Copertina stupenda che introduce ad un album complicato. Un album impegnativo. Il suo ascolto conduce attraverso diversi scenari: black, black atmosferico, gotico, dark, riflessivo. Su quasi un’ora di musica, gli Italiani riescono a costruire un panorama intenso, pieno di sofferenza, malinconia, caratterizzato da una evoluzione musicale intelligente, ben costruita, coinvolgente. Le tracce sono lunghe, lunghissime (la conclusiva passa i diciotto minuti!) ma non emerge mai, secondo il mio parere, quella forzatura o quella sensazione di durata è esagerata. Semplicemente le esecuzioni più lunghe sono un susseguirsi di movimenti, di passaggi, di capitoli interessanti e pieni di ispirazione; cambi di tempo, cambi di atmosfera, l’attenzione che passa da intensità e violenza a profondità ed oscurità: manca forse ancora un po’ di esperienza, ma la direzione intrapresa è geniale, certamente valida e supportata da musicisti validi e perfettamente coscienti delle proprie capacità. Il vero problema di questo album è, però, la parte vocale. Il growl non è male, ha una tonalità sofferta, aggressiva, ma la modulazione lo rende, secondo me, un tantino monotono. Tuttavia, il growl è la parte positiva in quanto maschera moltissimo la pronuncia, cosa che non fanno, purtroppo, i frequenti passaggi parlati, pensati (giustamente) per intensificare l’atmosfera; mettono infatti in luce una pronuncia inglese terribile, troppo da “italiano in ferie all’estero”. Questo dettaglio è letale in quanto rovina completamente un lavoro che trovo appassionante, accattivante, un lavoro che al terzo ascolto inizia diventare magnetico in una forma genialmente morbosa. La traccia conclusiva, “Gleam Of Lucidity”, con la sua imponente lunghezza, è un qualcosa che ha messo le radici nella mia psiche, in quanto trovo la sua costante evoluzione fantastica, costruita per ascoltatori capaci di apprezzare queste varianti e questa struttura complessa. Anche “Higher Planes Of Existence” è bellissima. La sua divagazione con tastiere è sublime, ma come già detto la parte parlata è oscena (vorrei che il disco fosse uno strumentale!), così come sulla altrimenti valida “Unworthiness And Decay”. E’ un vero peccato che la band non si sia affidata a qualcuno che aiuti la pronuncia, a qualche vocal coach, a qualche amico che PARLA in inglese. Ce ne sono molti, li usano anche le label più piccole o a livello underground. Ne va della qualità di un disco. E’ in gioco la band, il suo futuro, la credibilità di chi la sostiene. E questa mancanza, per la mia personale metodologia di valutazione, non può assolutamente passare in secondo piano o essere ignorata. E’ un peccato, perché gli Apostolum sono musicalmente fantastici, creativi e geniali.
(Luca Zakk) Voto: 5/10