(Black Widow Records) Come suonerebbe la musica anni ’70 se fosse scritta con i canoni stilistici moderni? Ovvio, certe cose devono restare: le copertine piene di colori creati sotto l’effetto degli acidi. Organi e piani classici nell’impostazione e nel suono. Ma l’ascoltatore moderno, l’equivalente moderno dell’ascoltatore anni ’70, è un consumatore di musica di massa. Se negli anni ’70 questa musica era “la musica”, oggi di fatto è un qualcosa di culto per “pochi” nostalgici. I norvegesi Arabs In Aspic però, riescono a materializzare un’idea leggermente diversa. Nonostante il profondo legame con la tradizione, questo disco è una sapiente mix di prog anni ’70 con psichedelico della stessa epoca, ma in formato moderno, godibile, ascoltabile. Complesso, ma non certo impossibile. Elaborato ma decisamente assimilabile. Non ci sono canzoni di monumentale durata (si spazia dai 3 ai 6 minuti o poco più). Non ci sono masturbazioni sonore infinite, con chitarre che inseguono tastiere e tastiere che inseguono chitarre in un trip tossico senza fine. “Pictures In A Dream” semplicemente prende il suono di quarant’anni fa, e lo rende fruibile per gli ascoltatori moderni, siano essi palati delicati o il normale pubblico da trasmissione radio. E’ estremamente catchy questo disco. E’ sicuraemente irresistibile. I suoi tre quarti d’ora passano veloci, e lasciano piacevoli sensazioni, gradevoli ricordi, desiderio di un nuovo ascolto. I musicisti sono molto in gamba. Creano situazioni interessanti ed il loro ensemble denota unione, affiattamento, un’unica passione musicale che si fa notare in ciascuna delle undici tracce. Ottimo il cantante, con una voce chiara e cristallina, decisamente compatibile con il genere, ed altrettanto interessante la sua performance nei brani in lingua madre, la quale offre un nuovo livello di sensazioni e musicalità. Bellissima la title track, proposta in apertura e poi in chiusura come reprise. Epica, in un certo senso, con un ritornello perfetto. Capolavoro “Let U.S. Pray”, con quel feeling rilassato e quei cori azzeccati. Stupenda la strumentale “Felix”, con una chitarra che rapisce, che fa viaggiare la mente… un pezzo di quelli che vorresti durasse per ore. Divertente “Difference In Time”. Coinvolgente e sensuale “Lifeguard@Sharkbay”. Magica ed intensa “Vi møtes sikkert igjen” cantata appunto in Norvegese. Un album molto bello. Un album che può generare riscontri da un pubblico vasto, non necessariamente legato al rock o al metal. Un disco di musica suonata con grande tecnica e passione, uno di quei dischi che colpiscono direttamente, che hanno solo voglia di farsi ascoltare.
(Luca Zakk) Voto: 7,5/10