(Debemur Morti Productions Primitivi, sporchi, indiavolati e… finnici! Il ritorno degli estremisti finlandesi Archgoat segna l’avvento di una nuova ondata di blasfema, atroce e mefistofelica vampata di death/black metal appunto ruvido e grezzo. Sono passati sei anni da “The Light-Devouring Darkness”, il secondo album, e alcune pubblicazioni minori e tanti tour, ma adesso una nuova bibbia infernale viene di nuovo proposta agli adepti del metal che gozzoviglia con l’estremo e il male. Purtroppo la band non sembra lanciarsi in architetture più evolute. Il sound è un po’ ripulito eppure non privo da quella coltre di ombre e zolfo che riveste ogni composizione degli Archgoat. L’atteggiamento di cariche assatanate e violente è sempre presente e caratterizza la maggior parte dei pezzi. Alcuni stop ‘n go, riff ruvidi più sul versante death metal che invece di quello black, pattern in sintonia con le andature decise dalle chitarre e il solito growl profondo, rispettano il carattere generale della band che non pare essere mutato. Da una parte è un bene: lo spirito di lavori come “Whore of Bethlehem”, il già citato “The Light-Devouring Darkness” o di “Heavenly Vulva” viene preservato e chi conosce la band saprà di potere ottenere da “The Apocalyptic Triumphator” la giusta scarica di irriverenza e satanismo sonoro. Resta però da dire che la band rimane ancora una volta incastonata in una dimensione prettamente underground, vissuta solo dai fedeli più stretti. Ovvio, viste le copertine, titoli e argomenti che inneggiano la demistificazione di Dio e alla gloria del Demonio. Il tutto passa attraverso un tessuto musicale che è un abito lercio, sdrucito e tinto di un nero eterno. Alcune melodie dal carattere epico riescono a esprimere qualcosa in più che delle solite trame violente o giocate su low e mid-termpo occasionali. “The Apocalyptic Triumphator” appare come il terzo di tre atti simili tra loro e dunque non inferiore agli altri.
(Alberto Vitale) Voto: 6,5/10