(Blooddawn Productions / Regain Records) I marziali e valorosi svedesi Arditi pubblicano l’ottavo album di una carriera che ha inizio verso la fine degli anni ’90, nel 1997 per la precisione. L’industrial vissuto con toni marziali, solenni quanto nefasti, sono aspetti che caratterizzano gli Arditi anche attraverso un’iconografia d’impatto quanto equivocabile per indicizzazione politica. In un’intervista di qualche anno fa Mårten Björkman, uno dei due fondatori, l’altro è Henry Möller, dichiarava che per quanto possa essere controverso questo nome in Italia – gli Arditi erano un reparto d’assalto dell’esercito italiano che si fece onore nella I Guerra Mondiale ma nella II vide ovviamente l’ingresso del reparto nel Fascismo – al di fuori di essa non è qualcosa di conosciuto e comunque loro volevano un nome che rimandasse all’interesse comune del duo, appunto i reparti d’assalto. Arditi in italiano è anche un aggettivo e un verbo al plurale, tuttavia è il punto d’unione tra i due musicisti e le tematiche militari. Tralasciando questi aspetti che forse non hanno mai creato ostacoli importanti alla band che si definisce devota al futurismo, però negli album si colgono elogi al fascismo e non solo, Arditi restano comunque un riferimento nell’ambito dell’industrial marziale e sue derivazioni ambient e post. Anche per “Emblem of Victory” l’aspetto marziale d’ispirazione militare è totalizzante e in esso vige uno scenario quasi da film, da colonna sonora. Tamburi in parata, marce militari, sintetizzatori che esplodono in linee altisonanti, impettite di gloria, onore, coraggio, patria; non da meno il tutto possiede momenti di pura atmosfera in un flusso sonoro nel quale parlati lenti, discorsi lunghi, percorrono questi ritmi scanditi e maestosi. I sintetizzatori, l’elettronica, restituiscono melodie dai toni opprimenti. “Emblem of Victory” è meno industrial di quanto si possa immaginare, mentre è molto più militarista nella resa! Peccato non avere ricevuto i testi per approfondire le tematiche dell’album. L’elemento ambient è abbastanza ampio, preponderante, come avviene in “Livets Innersta väsen”, mentre si avverte del dark-ambient in “Words made of Stone”. La musica degli viene espressa in 45’ per otto pezzi, nei quali esistono porzioni ispirate ma alla lunga tutto appare troppo ampio. Il mistero e la celebrazione della lotta attraverso questi pezzi sono percepibili, quanto a tratti una certa pretenziosità. Da due musicisti in giro da oltre due decenni si vorrebbe qualcosa di più che lo stratificare synth, pattern ritmici e rumori o suoni e parlati. “Emblem of Victory” si percepisce per diversi tratti come lo scorrere di basi per un qualcosa che poi non è mai stato aggiunto.
(Alberto Vitale) Voto: 6,5/10