(This Is Core Music) L’hardcore al giorno d’oggi è diventato un po’ come la farina che è alla base di tanti alimenti. Purtroppo però il vero hardcore va cercato nei bassifondi o comunque altrove e non nel metal. In questo l’hardcore lo si sente i modo genuino nelle derive crust e cose simili, ma nel metal l’hardcore oggi viene usato anche per rinforzare, cambiare, annacquare il thrash, il death o per fare quel figlio indesiderato, per alcuni, del metalcore. I milansei Arms Like Anchors dichiarano la propria simpatia per questa ultima operazione. “Friends Close, Enemies Closer” ha un riff alla Soulfly, ma molto più pesante e con una buona dose di groove. Arriva un breakdown, una fraseggio di chitarre doppiate dalla batteria e poi un’apertura melodica. Il primo minuto e mezzo è accattivante. Poi il brano va un pochino a scemare, tra breakdown, sfuriate, una pausa imprevista. Insomma, la bussola gira in modo diverso ad un certo punto. “In a Golden Reign” è un brano muscolare, con un ritornello andante e tutto quello che ti aspetti da una band death/thrash/metalcore: breakdown, mazzate, ripartenze e cose del genere. “The Stranger” vede la partecipazione di una corista che si fa carico di alcune strofe. Ci sono dei synth inquietanti che rendono il brano più apocalittico, oltre al fatto che poi accompagnano la vocalist nella seconda metà del brano, in modo da creare uno scenario sinfonico. Un brano che funziona davvero bene. “A Torch Lit in Doubt” ripropone un riffing molto groovy e la voce femminile. In questa canzone i breakdown sono dei macigni che precipitano, ma non sono male i lavori delle sei corde che vanno a fronteggiarli. “Traitors Are Tainted” è un thrash granitico e di nuovo con tastiere in appoggio e la voce femminile e un registro compositivo in sintonia con il resto. Ci sono passaggi in cui le chitarre producono delle progressioni interessanti e con la batteria che si incolla ad esse, creando un tessuto vivace. Altre situazioni sono canoniche, in particolare non capisco perché debbano piazzare tutte quelle variazioni nei pezzi, portandoli a farli durare più di quanto sia necessario. Qualche passaggio in meno avrebbe reso i pezzi più immediati. Il problema sono sempre i breakdown o i mid-tempo che spesso giungono a spaccare la continuità dei brani. Vizio di molti per altro. Nonostante le diverse critiche che mi permetto di fare, gli ALA non mi hanno annoiato. Anche l’utilizzo continuo della vocalist (non ho idea di chi sia, non ho informazioni al riguardo) con un timbro anche particolare, hanno vestito i brani di elementi piacevoli. Le tastiere poi spesso sono subalterne e sullo sfondo, ma nei brani dove indicato queste vengono anche in avanti e si ritagliano un ruolo da comprimarie. Non sono gli As I Lay Dying e gruppi simili, gli ALA non hanno un background melodic death. Loro sono più thrashcore, dal death prendono la pesantezza e sconfinano conseguentemente nel metalcore. Sono pesanti, sono grintosi, ma le melodie non vogliono trascurarle. Inevitabile sottolineare che è un debut e che possono migliorare. Sai che novità. Ma ribadisco che non mi hanno annoiato.
(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10