(Pitch Black) A solo un anno da “Dawn of Acquarius”, i ciprioti Arrayan Path pubblicano il loro settimo album: da tempo il sound della band è subito identificabile e caratteristico, e costituisce una sorta di eastern folk/power metal. Se traduco bene, il titolo indica le antiche stirpi dei miti greci: curioso notare come lo sviluppo complessivo dei brani, di 84 minuti, abbia richiesto la divisione su due dischi. La batteria è suonata in tutto il disco da Mark Zonder, storico batterista dei Warlord di cui, come è noto, Nicholas Leptos è da tempo il nuovo singer. In “Weaving the Web of Destiny”, dedicata alle Moire, gli archi lasciano presto il posto a una fiera melodia ellenica, animata prima da cori evocativi e poi dalla voce profonda di Nicholas Leptos. “Rod of Asclepius” è già una suite di oltre sette minuti, all’impianto sonoro carico e pieno di pathos. Glorioso il ritornello di “Seven against Thebes”, mentre “Sins of Pandora” raggiunge ormai, come del resto non è raro per la band, ondeggianti sonorità mediorientali. “Bellerophon (Forged by the Blacksmith)”, consacrata all’uccisore della Chimera, è forse addirittura troppo ‘quadrata’; il secondo cd si apre sulla stentorea e sinfonica “Lion of Amphipolis”, e prosegue poi sulla drammatica “Blood of the Sphinx”, con dei potenti momenti da power ballad. Folk metal con cadenze greche per “Nemesis”, cadenze che in “Where the Hydra hides” diventano forse addirittura troppo cantilenanti. La conclusione di un disco di questo tipo non poteva che essere affidata a un epos dedicato alle Termopili: “Thermopylae 480 BC” giunge quasi a dieci minuti molto variegati fra pathos e potenza. Qualche piccola lungaggine c’è, ma “Archenogoi” si difende bene nelle sue peculiarità.
(René Urkus) Voto: 7,5/10