(Pure Steel/Audioglobe) Fra le icone dello US Metal, gli Aska mancavano da sei anni sul mercato – almeno con un disco di inediti: qualche mese fa ho recensito “Nine Tongues” (QUI), forse il loro prodotto meno significativo. Quel che conta è che ora li ritroviamo più in forma che mai con questo “Fire Eater”, che è in grado di dare una energica lezione di stile a tutte le nuove leve impegnate in revival più o meno riusciti del metal anni ’80. “Everyone dies” è un carrarmato, con l’altissima voce di George Call a ricordare Rob Halford. Non a caso, più avanti, è presente una cover di “The Ripper”. Maestosa “Dead again”: se non conoscessi la band direi che siamo in presenza di influenze AOR! Dopo l’inno “Valhalla”, “Son of a God” ci riporta alle atmosfere epiche di Omen e Manilla Road… insomma, i primi quattro brani sono quattro centri magnifici, e percorrono tutti strade diverse, a testimonianza della grandi capacità di scrittura della band. “Angela” è una power ballad complessa e stratificata, che passa dalle chitarre acustiche a parti parlate di una certa durezza; “Red Cell” introduce nel sound delle belle tastiere anni ’80, mentre abbiamo altra epica, stavolta maestosa e solenne, in “Year of Jewbilee”. Si chiude con “Eye of the Serpent”, un brano già proposto dai colleghi e amici svizzeri Emerald, che gli Aska interpretano naturalmente in modo più americano e speed. Un disco che convince sotto tutti gli aspetti: bentornati, Aska!
(Renato de Filippis) Voto: 8/10