(Century Media Records) Gli Asphyx fanno parte di quel pugno di band per le quali chi scrive si precipita a comprare a scatola chiusa. “Deathhammer” è l’ottavo album per Martin van Drunen e dei suoi colleghi. “Deathhammer” è aperto da “Into the Timewastes”, tipica partenza in velocità con rallentamento successivo, poi segue la title track tenuta su ritmi sostenuti. “Minefield” è il primo dei pezzi in down-mid tempo, tipico dei deathers olandesi, anche se qualcosa nei ricordi riporta quel riff alle sonorità rafferme dei Darkthrone. “Reign of the Brute” è la tipica cavalcata con il tipico riffing di Paul Baayens, però è sorella a “Of Days When Blades Turned Blunt” per attitudine e sostanza. “Der Landser” è un altro tempo medio, molto accattivante e più di “We Doom You to Death”, dove riascoltiamo gli Asphyx più opprimenti e doom. “The Flood” (deve essere un brano scartato, qualcosa che è avanzato da sessions passate, troppo simile a cose già sentite), “Vespa Crabro”, altra cavalcata, sono altri pezzi che segnano il passo, e la qualità. “As the Magma Mammoth Rises” è il brano che non deve mancare per chiudere un album degli Asphyx, cioè quello che spezza i ritmi e possiede la sua epica conclusiva. Elaborato al mixer da Dan Swanö, “Deathhammer” è rassicurante nel suonare come un tipico album degli Asphyx, ma a conti fatti è in calo rispetto agli standard ai quali hanno abituato i fedelissimi.
(Alberto Vitale) Voto: 6,5/10