(Century Media) Pensato e voluto dalla band e conseguentemente atteso da noi tutti: il nuovo album degli Asphyx è ora la nostra realtà. “Incoming Death” è quanto un fan dell’istituzione death metal olandese dovrebbe attendersi: riff che bramano melodie inquietanti, possenti, dominatrici e che ben figurerebbero come sottofondo in un qualsiasi film. Le sequenze melodiche degli Asphyx sono sempre state una possibile colonna sonora, non trovate? Io si. Ammirevoli le truculenti progressioni da cingolato che poi vengono spazzate via dai tempi medi o da quelli lenti, i quali creano una sospensione dei blastbeat infinitamente carica di tensione. C’è anche questo in “Incoming Death” e ovviamente c’è lui, Martin van Drunnen, l’unico, colui che può vantare una militanza anche con altri miti come Pestilence e Bolt Thrower. Un monumento del metal estremo! Paul Baayens entra alla chitarra nel 2008 e mette subito il segno su “Death…The Brutal Way”, anche se forse è nel 2012 con “Deathhammer” a siglare qualcosa di veramente suo nelle linee del riffing. Oggi Paul è degnamente il chitarrista degli Asphyx, lo è in modo definitivo e coronando la celebrazione di quelle melodie lente dai tratti doom e altisonanti. Il suo lavoro nella canzone “The Grand Denial” è in questo senso eloquente. Insomma, la gloria della morte si materializza nella sua sei corde. La partenza di “Wardroid” svela quell’instancabile senso di appartenenza degli olandesi alla filosofia sonora dei maestri Bolt Thrower, distillati però in quella cadenza doom di cui sopra e sempre esibita dagli Asphyx. Stefan “Husky” Hüskens alla batteria e Alwin Zuur al basso alzano scudi e lucidano il blasone di quella che è una delle sessioni ritmiche più caratterizzanti della scena death metal mondiale. Certo che Hüskens è ‘quello nuovo’. Entra in formazione da poco tempo, mentre Zuur è lì dal precedente “Deathhammer”, ma possiamo essere certi che van Drunnen lo ha scelto perché ben sapeva che Husky poteva calarsi nella parte. “Incoming Death” è forse quanto di più Asphyx possiate sentire da molto tempo. Il modo di suonare e concepire i pezzi ricorda parzialmente il mai troppo osannato “The Last One on Earth”. Parliamo di un lavoro uscito quattordici anni fa, eppure allora come oggi, gli Asphyx imboccano una direzione, vestono un sound e lo mostrano con fiera potenza. “Incoming Death” è la tradizione e se volete anche il ‘già sentito’: è pur sempre una band che è in giro da quasi tre decenni, rappresentati da nove album. Cosa dunque potevate voi tutti aspettarvi se non gli Asphyx? Ancora una volta e per sempre.
(Alberto Vitale) Voto: 8/10