(Melodic Passion Records) I dark progressive rockers di Stoccolma potranno non essere particolarmente noti fuori dalla patria, ma nel 2016, con “Adrenaline Kiss”, superarono i grandi Opeth nella classifica nazionale del miglior album dell’anno, quando la band di Mikael Åkerfeldt pubblicò “Sorceress”. Se poi guardiamo più nel dettaglio, gli Astrakhan non è lontana dal mondo metal più noto, visto e considerato che si formò nel 2013 per mano di artisti provenienti da Pain of Salvation (Johan Hallgren), Royal Hunt (Per Schelander e Marcus Jidell e quest’ultimo non più in line up) e Misth (Martin Larsson e Jörgen Schelander, il fratello di Per). Sia il debutto che il sopra citato secondo album raggiunsero altissime vette nelle classifiche nordiche, mentre il vocalist Alexander Lycke vanta un premio come miglior singer in Svezia (sempre nel 2016). In carriera la band fece pure un tour (nel 2018) suonando la musica di “Jesus Christ Superstar”, pubblicandone poi anche il live. Tuttavia i tanti anni di attività per tutti i musicisti, il mostruoso impegno per il tour nei teatri per il musical, hanno minato la stabilità della band, destabilizzando i rapporti (tanto che il tastierista Jörgen Schelander è fuoriuscito dal gruppo dopo le registrazioni di questo disco), intensificando un’oscurità esistenziale che si percepisce in questo potente album di dark prog rock dal travolgente carisma cinematico. Oscura e molto drammatica “Lonesome Cry”, traccia nella quale emerge un riffing tagliente, linee vocali suggestive ed un ensemble musicale superlativo, sia nella sezione potente che in quella atmosferica. Performance vocale magistrale sull’intimità sonora di “Take Me With You”, un brano che regala divagazioni deliziosamente istrioniche. Stupenda “What You Resist Will Remain”, con quei riff pungenti, quelle linee di basso seducenti, quelle tastiere teatrali. Tempi irregolari in una affascinante dimostrazione tecnica sulla provocante “Never Let You Go”, molto heavy, melodrammatica ed alettante “Youtopia”, estremamente tecnica “Until It Ends”, pezzo con un drumming particolarmente ricercato. Decisamente heavy in chiave dark l’ottima “Control”, prima della lunga conclusiva “M.E 2020”, canzone ricca di evoluzioni, progressioni, esaltazioni tecniche intelligenti che danno massimo spazio alla tendenza heavy progressive della band, verso un senso poetico di rassegnazione e struggente tristezza. Album pieno sia di rabbia che di tristezza, di uno stato d’animo che vuole ribellarsi quando la fiducia nelle persone viene tradita. Un album che ipnotizza, che avvolge, che assorbe. Ascolto dopo ascolto le emozioni crescono, mutando forma, diventando parte integrante della realtà che circonda l’ascoltatore il quale senza accorgersene viene trasportato in una dimensione onirica dipinta con una infinità di sfumature di grigio.
(Luca Zakk) Voto: 9/10