(Limb) Il secondo album dei finlandesi Astralion (QUI recensito il debut) si inserisce perfettamente nella scia di quello che lo ha preceduto: power metal classico, come si faceva all’inizio degli anni 2000, con voci squillanti, cori ultramelodici e tanta energia positiva. L’originalità naturalmente latita del tutto, e forse il primo nato era riuscito meglio… ma per chi scrive non si può parlare di bocciatura. Aggressiva, molto più della media del disco, la opener “Deathphone – Final Destination”: si potrebbe quasi pensare ai Masterplan di qualche anno fa. Tastierata e cristallina al livello dei primi Sonata Arctica “Black Adder”; epica “Wastelands of Ice”, che ai fan più accaniti ricorderà certamente le atmosfere degli Olympos Mons. Pressoché inevitabile l’incursione in territori mediorientali con “Ghosts of Sahara”, mentre la conclusiva “The great Palace of the Sea”, suite di dieci minuti pressoché esatti, recupera (addolcendole) atmosfere marinaresche che, ai vecchietti come me, fanno sempre pensare ai Running Wild. Citerei anche l’allegra “Nightmares never give up”, al livello dei Secret Sphere: insomma, i parametri di riferimento mi sembrano chiari, chi vuole si accomodi…
(René Urkus) Voto: 6,5/10