(Darknagar Records) Una terra lontana, parte della Madre Russia ma nei pressi di Georgia, Azerbaijian e al dià di questi paesi l’antichissima Armenia. Un angolo del mondo la casa degli Atra Hora, esecutori di un metal che negli anni è andato evolvendosi e che oggi con “Metahom” alberga tra melodic, symphonic, dark, prog, blackened-melodic death metal. Le componenti stilistiche degli Atra Hora sono molteplici e oviamente all’interno della loro musica, il retaggio sonoro si arricchisce degli influssi di quelle terre. Le linee melodiche sono sviluppate su perni per niente usuali. Sono melodie nate alle porte dell’Asia e si sente. Ghirigori sonori che avvolgono e intarsiano la struttura dei pezzi. Gli Atra Hora giocano con un riffing serrato, estremamente vivace, ottimamente armonizzato anche con le tastiere che offrono più dimensione al sound. Con la perfetta sezione ritmica poi la band innalza maggiormente il tasso di stile e non da meno l’indice tecnico. Semplificando le cose, gli Atra Hora oltre a suonare bene e con visibile tecnica, producono anche ammalianti melodie esotiche. Una preparazione stupefacente, la capacità di tirare al limite i pezzi, di renderli un mantra sonoro comunque scosso da variazioni continue. C’è la magia di una terra, i millenni di tradizioni e il metal, dimensionato attraverso strutture non semplici ma lo stesso accattivanti. “Metahom” è un EP. Quattro brani eccellenti, dei quali uno è una composizione etnico-popolare, gli altri tre invece sono “Daemonia” di Daemonia Nymphe, “The Cardinal Sin” dei Dead Can Dance e un pezzo in versione “overdose mix”, cioè “They Go…”. Essendo un EP si è cercato di riempire la release: gradevoli le cover, poca roba il brano mixato, interessante “A Voice from the Forgotten Depth” anche per via di una maglia compositiva prettamente thrash metal ma con sprazzi neo-doom, ma la title track e “Metamorphoses” sono due composizioni bene in grado di brillare fiere della loro bellezza.
(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10