(Purity Through Fire) Quindici anni di attività nera per il duo francese che onora la ricorrenza attraverso il settimo album. Sempre nel segno del black metal dalle fattezze oscure e con temi melodici pagan e dunque epici, old style quanto dalla resa sonora estesa su principi underground. Un sound torbido che non esclude alcuno strumento. La linea ritmica è un muro dalla resa un po’ inscatolata e con i piatti che squillano in maniera approssimativa. Le chitarre finiscono un po’ sotto il livello della voce e appunto della batteria. Emergono tastiere dal tutto, come in “Nation” dove il clima sembra vicino a Burzum dell’era “Hvis lyset tar oss” e “Filosofem”. Autarcie sono piuttosto presi da tematiche che affondano radici nella propria terra, cioè la Francia e la loro zona di Besançon e dunque la regione Borgogna e Francia Contea. Per tanto i toni epici e passaggi che hanno un minimo di maestosità che rievocano la storia risultano fisiologici. “Regnum Francorum” è un brano dall’incipit brutale e poi stempera i toni in una narrazione nella quale sembra rievocare scenari di battaglia. Un paio di pezzi superano i dieci minuti l’uno e arriva quasi a dodici l’altro e rappresentano una chiara esposizione di come gli Autarcie risultino essere prolissi nei loro cambi sia di passo che nel reiterare i riff totalmente basati sul tremolo. Un suonare che imbastisce un’epica guerresca quanto sopraffatta da secoli di eventi, leggende, personaggi. “Gladio vivere, gladio morietur” è un’altra buona espressione del black metal in chiave norvegese, al contempo dall’epica molto marcata e andante. “Postlude” chiude le ostilità con attraverso uno sviluppo di sintetizzatori e ritmi filtrati che segnano un ambient malinconico e quanto antico.
(Alberto Vitale) Voto: 7/10